L’ombra della Russia sulla Georgia si allunga

A dividere il paese dall’Ossezia del Sud c’è una lunga barriera di filo spinato che avanza continuamente in territorio georgiano e oltre la quale aumenta sempre di più la presenza militare russa.
Il reportage di Davide Lemmi, Teresa Di Mauro e Nina Vaxanski.
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Пікірлер: 9

  • @giuliosapori4221
    @giuliosapori422113 күн бұрын

    Giusto per rinfrescare la memoria su ciò che già è stato tentato di fare in Georgia: Il riferimento alla Georgia non era casuale. Anche la Repubblica caucasica, nel frattempo, era stata teatro di una piccola rivoluzione che aveva preceduto quella ucraina e ne aveva anticipato le caratteristiche. Le elezioni del 2003 sembravano avere confermato il ruolo e la popolarità di Eduard Ševardnadze, l’uomo politico che era stato ministro degli Esteri di Gorbačëv negli anni della perestrojka. Ma i risultati del voto erano stati contestati e un gruppo di oppositori, fra cui primeggiava un giovane avvocato, Mikhail Saakashvili, si impadronì del Parlamento. Minacciato e impaurito, Ševardnadze fu costretto a fuggire da una porta laterale. Non vi fu spargimento di sangue e il putsch venne chiamato con il nome amabile di «rivoluzione delle rose». La prima impressione fu di un fisiologico cambiamento della guardia fra un veterano dell’Urss e la prima generazione post-sovietica. Ma Saakashvili aveva fatto i suoi studi alla Columbia University, aveva molte amicizie americane, fra cui il senatore John McCain, una moglie di origini olandesi, una buona conoscenza delle lingue straniere e un evidente desiderio di spostare il suo Paese dall’orbita russa a quella occidentale. Il maggiore problema che dovette affrontare, dopo la sua elezione alla presidenza della Repubblica nel gennaio del 2004, fu quello di due enclave, l’Abchazia e l’Ossezia del Sud, che avevano approfittato del crollo dell’Unione Sovietica per staccarsi dalla Georgia e cercare riparo all’ombra di Mosca. Il problema era comune ad altre repubbliche ed era il risultato della matita rosso-blu con cui Stalin aveva disegnato i confini interni dello Stato Sovietico. Ogni repubblica aveva, accanto alla nazionalità dominante, una nazionalità minore, spesso legata da rapporti di fratellanza o cuginanza con il territorio confinante di un’altra repubblica. La formula permetteva a Mosca di evitare che la nazionalità dominante di ogni repubblica divenisse troppo potente, garantiva al potere centrale il compito di proteggere le minoranze e di intervenire come arbitro nei frequenti dissidi fra gruppi nazionali. In Ucraina vi erano le regioni russofone della Crimea e del Donbass. Nella Moldavia romena vi era la Transnistria, abitata da una popolazione russo-ucraina. In Azerbaigian vi era l’enclave armena del Nagorno-Karabach. E in Georgia vi erano per l’appunto le due regioni dell’Abchazia e dell’Ossezia del Sud, di cui la seconda era abitata dallo stesso gruppo etnico dell’Ossezia del Nord, al di là del confine fra Georgia e Russia. Nelle questioni caucasiche, in particolare, Stalin era un insuperabile maestro. Era nato in Georgia e la sua famiglia, a quanto pare, era osseta. Anche Ševardnadze, il vecchio sovietico, conosceva le regole del gioco ed era riuscito a instaurare con le due province secessioniste una sorta di pragmatica convivenza. Il democratico Saakashvili, invece, credette di potere contare sulla protezione degli Stati Uniti (che mandarono in Georgia 800 addestratori militari) e non esitò a adottare una linea più bellicosa e provocatoria. Vi furono parecchi incidenti con forze russe d’interposizione, soprattutto sul confine tra le due Ossezie, sino alla notte fra il 7 e l’8 agosto 2008 quando le forze georgiane, dopo un nutrito fuoco d’artiglieria, occuparono l’Ossezia del Sud. Fu una breve vittoria. Molto probabilmente gli Stati Uniti non furono colti di sorpresa. Era difficile immaginare che gli addestratori militari presenti in Georgia non fossero informati e non avessero avvisato le gerarchie del Pentagono. Era difficile immaginare che il senatore McCain non fosse stato allertato dal suo pupillo georgiano. Ma la Casa Bianca, allora occupata ancora per qualche mese da George W. Bush, non si mosse e non dette l’aiuto indispensabile per il buon risultato dell’operazione tentata da Saakashvili. L’esercito russo, invece, entrò in azione nelle ore seguenti, cacciò i georgiani dal territorio conquistato, entrò in Georgia sino a Gori, la città in cui Stalin era nato nel 1878. Grazie all’intermediazione del presidente francese Nicolas Sarkozy, nella sua veste di presidente dell’Unione Europea, vi fu un armistizio, il 15 agosto, per la cessazione delle ostilità e il ritiro delle truppe georgiane. Ma qualche giorno dopo, il 26 agosto, la Russia tagliò corto e riconobbe l’indipendenza delle due repubbliche separatiste, l’Abchazia e l’Ossezia. La decisione rese inutile qualsiasi altro negoziato. Il desiderio di punire la Georgia e di lanciare un chiaro messaggio al mondo prevalse sulla linea a cui la Russia si era attenuta sino a quel momento: evitare qualsiasi modifica dei vecchi confini sovietici. (Sergio Romano)

  • @maurizioabita447
    @maurizioabita44713 күн бұрын

    Se l'ombra della Russia si allunga la Georgia è sempre più vicina alla salvezza perché l'occidente ne vuole fare una seconda Ucraina per perseguire i propri interessi

  • @FullMetalPier

    @FullMetalPier

    12 күн бұрын

    Chi è che sta invadendo l'Ucraina orientale? La Russia o l'Occidente? I fatti parlano chiaro.

  • @giuseppedigiovanni9758
    @giuseppedigiovanni975813 күн бұрын

    ma piantala

  • @Mrgud-wr3dd
    @Mrgud-wr3dd12 күн бұрын

    Abkhazia Ossezia Georgia Kosovo Serbia Artsakh Armenia Donbas Crimea Ucraina

  • @antonioruscio1694
    @antonioruscio169412 күн бұрын

    Forse quella della Cia.