L'accento grafico

Video lezione di grammatica sull'accento grafico pensata per studenti della scuola media.

Пікірлер: 14

  • @danieleddndandani
    @danieleddndandani Жыл бұрын

    Chiaro e preciso nella spiegazione

  • @ariannaqueen6622
    @ariannaqueen66222 жыл бұрын

    Spieghi benissimo , mi hai aiutato tantissimo, grazie mille

  • @patriziabisso231
    @patriziabisso2318 ай бұрын

    sono pronta per la verifica!

  • @susannaroselli1742
    @susannaroselli17422 жыл бұрын

    Mi hai aiutato molto con il dialetto sardo-livornese

  • @paulorenatodemaria6106
    @paulorenatodemaria61062 ай бұрын

    Grazie mille.

  • @MarcelloMeinero76

    @MarcelloMeinero76

    2 ай бұрын

    Grazie a te per aver lasciato un messaggio 😊

  • @lilianaminotti1211
    @lilianaminotti12112 жыл бұрын

    Grazie, sei bravissimo e chiaro

  • @susannaroselli1742
    @susannaroselli17422 жыл бұрын

    Grandissimo come sempre 🦾 sei un grande

  • @utam.3210
    @utam.3210 Жыл бұрын

    Grazie mille, mi piace molto imparare la linguistica italiana 😊

  • @MarcelloMeinero76

    @MarcelloMeinero76

    Жыл бұрын

    Grazie a te per il messaggio ❤️

  • @edenoliveira1351
    @edenoliveira1351 Жыл бұрын

    POEMA DI GRATITUDINE E LODE A GEOVA O Geova, sei magnifico! Santifica Il tuo nome, adempiendo il tuo proposito: L’intera terra stupenda, pacifica; La fine del funesto mondo inospito. Rivendica coi tuoi strumenti bellici La tua sovranità che non ha termini. I malvagi non vanno a dirti: “Svellici!” Ma gioia dalla giusta pace germini! “O Morte” ognuno ammette, “ognora sradichi I sogni i quali in seno e cuore semino. Momenti di sognar son più sporadichi Finché mi seppelliscano o mi cremino.” “O ultimo nemico, decomponimi! Ma non mi puoi assistere né ledere. Lasciami lì fra quei defunti anonimi. In sostanze trasformami per edere.” “Quelli nei cimiteri I quali tumuli Già ne vengano fuori! Sì, divarica Le labbra e siano liberi dai cumuli. Dio t’inghiottisca, Bocca più barbarica.” “Peccato, fino al feretro sei lievito. Da te non c’è ricovero: combattimi! Fracassami lo scheletro! Non evito Di averti adosso: annovero tre attimi.” “O Tempo, sei un orologio a pendolo E le lancette e prima che mi lascino Esser preso dal panico, attendendolo, L’avrò lasciato prendermi col fascino.” “O Vita, preferisco quel tuo carico Al riposo a cui credo e che procrastino. Di malattie in me non mi rammarico E i mesi belli e buoni non mi bastino.” Essendo ben robusto come il bufalo Il brillo cuor dei brevi sogni brulica. La brace che lo bruccia urlando: “Stufalo!” D’un botto è bruma: buia, brutta, abulica. Sorse il sole; la sacra vita persero: Poi non fu né gradevole né orrido. Non ne vedono il vivido riverbero. È tardi per sentirne il caldo torrido. Le bare sono il carico di mogano Ma prive di rammarico e dei brividi In cui defunti tumidi s’affogano Nei pianti altrui più umidi, più vividi. Per calarli nei buchi che si allargano (Non per tirarli su ai cieli) c’erano Una funebre fune lunga e l’argano. Ma mentre ci riposano, non sperano. Ognora gente ignota e gente celebre È seppelita sotto nuove lapidi, Inerte nel silenzio e nelle tenebre, Dove i minuti non saranno rapidi. Eredità o età ci son mortifere. L’inesistenza solo sa dissolvere Dei corpi le cervelle, carni e viscere: A terra l’uomo torna come polvere. Polvere, va nel vortice, diffonditi, Trasforma dei defunti in te, dirigine Le particelle ai posti più reconditi, Mescolati con cenere e caligine. Le vite corte vengono dal culmine, Sembrano salde, assicurate, solide, Fuggono con fulgore come il fulmine, E finiscono infine come il bolide. Non possono sapere quanto valsero. Non vissero mai come il vecchio rovere. Come il vento muoveva in vano un albero Nemmeno il terremoto li può muovere. Le folle se ne furono e nel cofano Già senza fame e sete non si cibano. Non guardano né guerra né garofano, Non percepiendo puzzo oppure olibano. Benchè sul ciglio i semplicioni basino La loro fede sulla farsa, l’anima Che pecca muore come muore l’asino: Osando esistere se ne disanima. Non è l’anima come la crisalide: Così né come il bozzolo il cadavere. I morti sono mere salme invalide Da cui un po’ di vita può evadere. Tu, Geova, ci dimostri in modo esplicito Che furono sfollate le necropoli. Il fiato dei defunti, il loro spirito, Già non è più: non paiono dei popoli. I morti sono morti come cenere. Nelle tombe non stanno mai per ardere. L’amor tuo non permette mai tal genere Di gran tormento eterno come carcere. Per mezzo dal peccato che dall’utero Provenne, negli uomini decrepiti Le malattie e morte si diffusero Come ci si diffondono gli strepiti. E vivevamo come se non fossimo Mortali e come se noi non cessassimo Di esistere nell’attimo più prossimo Dopo che fummo già vissuti al massimo. Ma dall’errore tu ci vuoi redimere Già non aggiungeremo mai un cubito Alla durata delle nostre effimere E dure vite che non sono subito. Fa certo l’esito del Regno; tieniti A forza, autorità, potenza; assumile Per mezzo di Gesù: dei primogeniti È stato il primo: splendido e più umile. Pel tuo nome hai un popolo e condottolo Sano e salvo al tuo santo monte schiudine La vista perché veda il vero viottolo Di giustizia e giudizio e rettitudine. Cristiani, le tue testimoni, stettero A predicar di casa in casa. Mandali, O Geova, a due a due da qui all’estero E ti piacciano i loro piedi e sandali. Tu dici loro: “Preghi, piangi, tremoli E quei persecutori ti depredano. Son l’erba verde come dei prezzemoli. Si seccheranno presto come il sedano.” “Porta la buona notizia, interrompiti Solo se te lo dico, metti in pratica L’ordine che ti diedi, adempi i compiti Di rendermi testimonianza enfatica.” La loro vita già fu uno sperpero. Furono parte delle masse armigere. Ma nel battesimo dall’acqua emersero. Sul bene non poterono transigere. Odine i gemiti: se i re li informano Di pene rigide o di chi li trucida. Sentine i tremiti perché non dormano In celle frigide con l’aria mucida. Scioglili quando sembrano la rondine Da quella freccia che gli spacca i fegati. Coprili, dall’uccellator nascondine L’allegro piccolini e diggli: “Slegati!” Gesù narrò parabole ai discepoli Perché i due greggi docili imparassero: Che valsero assai più di fiori deboli Come il giglio e d’uccelli come il passero. Pesa, Pastor, la pecorina, accettala Nel tuo pascolo, pascila e poi toltala Da ferro e fuoco, fascila: Protettala Da quei leoni, lupi e ladri, ascoltala. Cura ciascuna delle care pecore, Calmane il cuore e calcolane i palpiti. Sì, dell’amor che mostra a te sei memore E badi che la bestia non la scalpiti. Tutti i giusti cristiani in piede stavano Dinanzi al trono e vennero dall’unica Grande tribolazione. Quindi lavano Nel sangue di Gesù la loro tunica. Dai cieli puri sul cui già non specoli Michele e le sue schiere ardite espulsero Te, Dragone, e demoni dopo secoli E cadeste nel vostro mondo adultero. Uomini son del mondo senza regole, Testardi, con un pessimo carattere, Superbi, colle bocche più pettegole, Calunniatori, pronti per combattere, Amanti del denaro e delle rendite, Gonfi d’orgoglio e discussione frivola, Come Esaù amanti delle vendite, Sleali se la loro lingua scivola, Amanti di sé stessi e senza crediti, Bestemmiatori, traditori, apostati, Millantatori, a dei piaceri dediti. Ma Geova ci esortò: “Da questi scostati.” Dicono: “Carne sei per maschi e femine. Da te rimuovi il tuo amore, intridine Le menti delle perversioni e premine I corpi nudi e caldi con libidine.” Ma non diranno: “Rompici, succidici, O Signore, e così nel nulla chiudici. O noi e i nostri complici e causidici Vogliamo rimaner malvagi e sudici.” “La volontà d’indulgere già estortaci Ci venga incontro!” dicono. “Persuadici A vivere con ulcere ed esortaci A trasformarci in ubriachi fradici.” Anche nel tempo della fine l’ordine È presto data all’animale indomito: “O Bestia, amazza Babilonia, mordine Le molte carni e mangiala col vomito!” Tu, Altissimo, non gli dici: “Salici!” Perché vestita di scarlatto e porpora, In mano ha il più sudicio dei calici; Quando fornicazione in lei s’incorpora. Dice: “Dietro le maschere mie falsami, O Santimonia! Folla mia, rimanici, Perché ti posso pascere con balsami Ma satura di simboli satanici.” E per la propria crescita già intorbida Acque e fin dalla nascita le sgomina. Gli danno stima illecita, ben morbida, L’aprovazione tacita e la nomina. Ma dei demoni gli hanno detto: “Al margine Dell’ampia strada sei caduta. Vistici, Persegui i testimoni santi, spargine Il sangue e cerca i redditi egoistici.” La bestia più selvaggia macera La meretrice mistica, fantastica, La rende nuda con la veste lacera, L’ammazza, sì, la morde, sì, la mastica. Mangiandone le carni lei la spappola. Mercanti, naviganti e re, scorgendola Bruciata e devastata nella trappola, Diranno poi: “Sventura, pornivendola!” Onnipotente, puoi dai posti escludere Del mondo inicuo il governante becero Nel bel pianeta che tornò in rudere, I suoi ministri, il male a noi che fecero. Alla guerra di Har-maghedon, imponiti La bocca con la bile non ti biasimi. Conoscano che Geova sei, e attoniti Per la paura piangano gli spasimi. Re dei re, le nazioni non ti vollero. Prendi la lunga spada, (non dal cingolo), Dalla tua bocca e dille: “Non vi tollero!” Gesù, con essa dalle un colpo singolo. Batti i demoni e Satana e distruggine I subalterni umani che si levano Contro di te: Ne roda infine ruggine Le lingue e falsità che ti offendevano.

  • @gabrielezampella343
    @gabrielezampella3433 жыл бұрын

    Grazie a te ho capito più bene

  • @aitor_cazador2006

    @aitor_cazador2006

    2 жыл бұрын

    Impara la grammatica