3) Claudio Marazzini, Perché in Italia si è tanto propensi ai forestierismi?

Convegno "La lingua italiana e le lingue romanze di fronte agli anglicismi" (Accademia della Crusca, Firenze, 23 febbraio 2015)
Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca
Perché in Italia si è tanto propensi ai forestierismi?
Sintesi dell’intervento di Claudio Marazzini:
«Le ragioni per le quali in Italia si è tanto propensi al forestierismo mi paiono le seguenti: manca troppo spesso il senso di identità collettiva che rende uno stato saldo nella coscienza dei cittadini, manca una buona conoscenza della propria storia e della propria lingua tale da restituire il senso di appartenenza alla cultura nazionale. Il cittadino italiano, fuor che per il cibo, e anche per questo oggi meno di un tempo, è non di rado una specie di apolide, anche se spesso svantaggiato e poco integrabile all’estero. Con queste basi e radici, i giovani sono facilmente pronti a staccarsi dalla realtà nazionale e a tagliare i ponti, quei pochi che restano. La classe dirigente soffre di un altro vizio, che a sua volta favorisce il forestierismo: cambiare le parole costa poco o nulla, e a volte dà l’illusione di aver cambiato le cose.
Oggi molti sottoscriverebbero queste affermazioni, collocandosi tuttavia, nonostante ciò, nella folta schiera degli avversari dell’italiano. Mi spiego meglio: c’è chi pratica una sorta di raffinato purismo e rifiuta sdegnosamente i termini stranieri, pronto a condividere argomentazioni come quelle che ho fin qui esposto, ma allo stesso tempo si schiera a favore di un uso totale dell’inglese in settori in cui di fatto avviene l’emarginazione dell’italiano. Questo atteggiamento, in realtà, è ancora più pericoloso di quello proclive a ogni sorta di forestierismo. Infatti non si può ridurre l’italiano nella riserva indiana senza ucciderlo.
Il problema è che l’italiano non è una lingua davvero amata dai suoi utenti, al di là delle dichiarazioni superficiali, tanto è vero che gli italiani, sia i giovani sia i vecchi e adulti, sono gli ultimi nelle classifiche sulla capacità di comprendere un testo, come si ricava dai dati OCSE 2013, indagine PIAAC (cfr. il commento del linguista Andrea Moro in bit.ly/1MMRZqo; e la sintesi di M. Pellizzari, Competenze degli italiani: siamo i peggiori, in bit.ly/1LxDcON). L’economista Michele Pellizzari riassumendo e commentando i risultati dell’indagine PIAAC, ci offre anche una sua ricetta non banale: per superare la crisi - ci dice - occorre che gli italiani imparino a scrivere, anche senza esibire l’inglese per finta, parlandolo per gioco nelle occasioni in cui non è affatto necessario. Analogamente, sarà il caso di usare gli anglicismi con sobrietà, cercando di discernere i casi in cui sono utili, in cui ci permettono di comunicare meglio con il mondo, e i casi in cui se ne può fare a meno con vantaggio per la chiarezza e semplicità comunicativa».

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