Salvatore Di Giacomo detto da Eduardo De Filippo
a cura di Eduardo
- 'e cecate 'e caravaggio
- Comme va ?
- Pianofforte 'e notte
- 'o vi' 'lloco
- ll'ortenzie
- Arillo, animaluccio cantatore
- Ammore abbasato
- Vurria scivere nu libbro
- Marzo
- Lettera amirosa
- Da 'o quarto piano
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Collana letteraria documento
realizzata da Nanni de Stefani per la CETRA
CL 0407 - matrice M.S. 17 L. 11/12 del 21 luglio 1955
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Salvatore Di Giacomo, nato a Napoli il 12 marzo 1860, vi morì il 4 aprile 1934.
Prima studente in medicina, poi giornalista, scrisse liriche, novelle e drammi in tutti i quali si ritrova lo stesso amore per la sua città, cantata in forma musicale e pittorica che colora personaggi, vie e vicoli, semplici figure di povere donne, in un' atmosfera calda di partecipazione malinconica e intensa con le loro storie d'amore e di miseria.
Erede della grande tradizione pittorica e lirica dei poeti e dei musicisti del '600 e '700. Di Giacomo vi aggiunge la sua particolare sensibilità di uomo moderno, con la sua ingenuità, il suo umorismo, la sua passione per i drammi di sangue. Ma in lui « il dramma si concilia nel sogno, la passione si distrugge e dissolve in una nota di colore, il dolore si compone in una incantata malinconia ». (Russo). E così il conflitto con la realtà diviene poesia e di fronte al dolore del mondo il poeta si abbandona con ingenuità di grande fanciullo ad uno stupore malinconico, senza dubbi angosciosi o vane ribellioni, che si traduce nella musica trasognata del verso.
« Dio, quante stelle, ncielo!
che luna! e c' aria doce!
quanto na bella voce
vurrtia sentì cantà! »
Come in questi versi famosi, di fronte alla meraviglia della natura Salvatore Di Giacomo - scrive ancora il Russo - « pare davvero che si affacci per la prima volta a contemplare quello spettacolo lunare e si meravigli con Dio che gli uomini non si accorgano di quel miracolo, e siano muti, e una voce dalla terra non risponda a quella voce dell'eterno ».
(note anonime di presentazione - 1955)