I Signori della Aprilia RSV Mille | Caio Pellizzon: IL collaudatore

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Nell’affascinante mondo degli addetti ai lavori del motociclismo italiano un posto di riguardo lo merita sicuramente Claudio “Caio” Pellizzon. Tutte le Aprilia, dalle prime 125 fino alle più recenti (Caio è andato in pensione nel 2005, ma ha continuato a collaborare fino a un paio di anni fa) portano infatti la sua firma.
Attenzione: Pellizzon non è un designer, ma è stato per tutto questo periodo il responsabile dei collaudi, l’uomo che ha disegnato su strada la continuità della grande tradizione ciclistica della marca veneta. Oltre che dal punto di vista tecnico, Caio è una figura di spicco anche da quello caratteriale: concetti quali “esprimersi con diplomazia”, “ammorbidire i toni”, “valutare l’opportunità” sono sempre stati a lui abbastanza alieni. Se al rientro da un test effettuato in pista o sulle infinite strade venete di cui conosce ogni curva ed ogni avvallamento, qualcosa non lo soddisfaceva, lo stabilimento risuonava immediatamente delle sue variopinte imprecazioni, allertando subito progettisti, motoristi, tecnici, presidenti…
Volendo fare un paragone cinematografico, Pellizzon è la trasposizione motociclistica dell’ispettore Callaghan (tra l’altro c’è anche una certa somiglianza fisica con Clint Eastwood): instancabile, insofferente alle gerarchie ed alle procedure, senza peli sulla lingua e sempre teso verso la giustizia, nel suo caso offrire al cliente moto impeccabili. E come nei film che si rispettano, questo compito è ora assolto dal figlio Fabrizio, che di Caio è una specie di clone fisico e caratteriale, avendoci lavorato a fianco per anni.
Caio, hai costruito il tuo personaggio sulla fiducia in te stesso. In realtà, non hai mai avuto dei dubbi su qualche scelta?
«Il momento in cui mi sono sentito piccolo piccolo è stato prima della presentazione della RSV. La proprietà aveva deciso infatti di farla testare in segreto ad un giornalista che allora andava per la maggiore, che dopo pochi giri ne scese quasi disgustato. Secondo lui la ciclistica era completamente sbagliata e le sue affermazioni crearono un grosso trambusto in azienda. Non c’era comunque tempo per fare aggiustamenti ed andammo alla presentazione senza modifiche. Mi chiedevo dove potevo avere sbagliato, ma per fortuna la moto poi piacque a tutti, soprattutto per la facilità di guida.»
Già che siamo in tema… che opinione hai dei giornalisti che provano le moto?
«Ci sono quelli coscienziosi, che provano con metodo e hanno consapevolezza anche dei propri limiti. Ho sempre fatto fatica a rapportarmi con chi girava 15 secondi più lento di me e veniva a dirmi che secondo lui la moto era nervosa...»
Caio, partiamo dalla parte sbagliata: quale è l’Aprilia di cui sei meno soddisfatto?
«La Motò 6.5. Purtroppo trovai dall’altra parte un tipo più coriaceo di me, Philippe Stark, il famosissimo designer cui Beggio aveva affidato l’estetica, che non voleva che il suo progetto venisse toccato. Sarebbe stato necessario rivedere almeno marmitta e serbatoio ma non ci fu verso, tanto che ad un certo punto, esasperato, lasciai lo sviluppo ad altri...»
Le moto che invece ti hanno dato maggiore soddisfazione nella tua carriera fino al 2005?
«Sicuramente tutte le 125 due tempi, dalla ST alla RS passando per le varie Sintesi, Extrema, ecc. Poi la RSV, anche questa sviluppata anno per anno e giunta secondo me vicino alla perfezione.»
Quale è la genesi ideale di un nuovo progetto a tuo giudizio?
«Bisogna partire sempre dalla concorrenza, provare e riprovare le loro moto, smontarle e vedere come sono fatte. Non bisogna avere la presunzione di sapere tutto.»
Quali sono le doti del collaudatore?
«Credo mettersi sempre dalla parte del cliente, che spende un bel po’ di soldi ed ha diritto alla massima considerazione ed alla massima sicurezza. Personalmente la più grande dote che mi attribuisco è quella di avere una ottima memoria. Sembrerà incredibile, ma io mi ricordo tutte le moto che ho guidato e le sensazioni che mi hanno fornito. Deve anche esserci stima reciproca con i progettisti, ed io voglio in particolare ricordarne tre di grande competenza: Carlesso, Fioravanzo e Cocco.»
Che ricordo hai di Beggio?
«Eccellente. Quando entrai in Aprilia eravamo una quindicina di persone ed Ivano, contro il volere del papà, stava trasformando la fabbrica di biciclette in una di motorini. Aveva grande passione e sapeva andare bene in moto, seppure ovviamente gli impegni di imprenditore gli impedivano di dedicarvisi troppo. Siamo cresciuti in maniera assolutamente incredibile in pochissimi anni, entrando con pieno merito tra i leader mondiali.»
Puoi farti un garage ideale con cinque moto: quali scegli?
«Tre Aprilia: la prima 125, la prima 1000 e la MX cross del 1988. Poi una Honda CB 500 Four, che è una pietra miliare nella storia del motociclismo. Infine una Kawasaki Mach III 500, una due tempi tre cilindri che andava come un missile e rappresentò una grande novità a fine anni ‘70.»
Claudio Pavanello

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