ARMI ed EQUIPAGGIAMENTO dell'esercito italiano nella WW1. w/62cp battaglione bassano

In questo video andremo a vedere com'era l'equipaggiamento e le armi principali del soldato italiano durante la prima guerra mondiale.
Inoltre abbiamo realizzato una piccola scenetta con i rievocatori.
RINGRAZIAMENTI:
- Un grazie ancora al battaglione bassano per essersi messi a disposizione, in particolare al Presidente dell'associazione e a chi si è prestato per realizzare il video.
INSTAGRAM BATTAGLIONE:
/ battaglionebassano62
SITO UFFICIALE:
battaglionebassano.jimdo.com/
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- Si ringrazia anche la direzione di Forte Pozzacchio per aver dato i permessi di registrare fuori e dentro al forte.
INSTAGRAM FORTE:
/ fortepozzacchio
SITO UFFICIALE:
www.fortepozzacchio.it/
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- Ringraziamo anche il Comune di Trambileno per tutte le autorizzazioni necessarie alla realizzazione dell'evento.
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Пікірлер: 21

  • @viribusunitisww1
    @viribusunitisww19 ай бұрын

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  • @neutronalchemist3241
    @neutronalchemist32419 ай бұрын

    La giubba, di panno grigioverde, era piuttosto aderente nella parte superiore e scampanata verso il basso, sul davanti si chiudeva mediante cinque bottoni nascosti da una copribottoniera (utile per poter strisciare a terra senza che si impigliassero o staccassero), non erano previste tasche esterne ma solamente due interne a destra e sinistra del petto ed una in basso a destra sulla falda posteriore, tutte applicate direttamente sulla fodera in cotone grezzo. Posteriormente, lungo i fianchi in basso, erano praticati due spacchi chiusi da due bottoncini ciascuno. Queste aperture agevolavano il movimento e permettevano il passaggio del cinturino dell’equipaggiamento. Il colletto era del tipo in piedi, si chiudeva frontalmente con due ganci e relativi occhielli; su di esso venivano applicate le mostrine o fiamme del corpo o arma d’appartenenza. Sulle spalle, tra colletto ed attaccatura della manica, era applicato un rinforzo di tessuto, perchè la giacca non venisse rovinata dalle cinghie di zaini e carichi vari, alla cui estremità verso il giro manica era posizionato uno “spallino” in panno "a salsiccia", che servivano a trattenere dallo scivolamento le cinghie dell’equipaggiamento e del fucile. Le maniche erano abbastanza ampie dalla spalla al gomito (perchè questo non "tirasse" quando piegato), ed il giro manica era più stretto (per non lasciar passare l'aria). Da notare che il colore del panno variava da fornitura a fornitura. La tonalità di grigioverde poteva variare dal grigio con una minima percentuale di tonalità verde al grigioverde scuro per giubbe prodotte nel periodo prebellico fino al 1916, anno nel quale l’Italia dichiarò guerra alla Germania. Fino ad allora infatti i lanifici acquistavano in Germania il blu per creare il bagno di colore per il filato (blu di Prussia appunto): dal 1916 in poi si dovette fare affidamento su di un blu “autarchico”, non paragonabile per qualità a quello fino ad allora importato, per cui le uniformi prodotte post-1916, tendevano a far affiorare la componente gialla della tintura dando alle divise del periodo 17-18 un colore verde-giallino. A favore della giubba 1909 vi era la ottima mimeticità (rimarcata da diversi corrispondenti esteri durante la guerra), la semplicità di produzione, e la presenza di alcuni accorgimenti di carattere pratico. A sfavore vi è l’inutilità e la scomodità del colletto in piedi, di memoria ottocentesca, senza bavero rivoltato, che avrebbe permesso al militare di alzarlo per maggior protezione dagli agenti atmosferici montani, e la totale assenza di tasche esterne. Va detto che moltissimi militari, anche di truppa, si facevano praticare privatamente delle tasche "a filetto” sui fianchi, in modo da garantire una maggior “capacità” e comodità alla giubba. E' da notare la generale adozione, durante la guerra, della mantellina in luogo del cappotto. Questo indumento era più facilmente producibile del cappotto, più familiare ai soldati italiani (in massima parte di estrazione contadina), portato sopra tutto il resto dell'equipaggiamento, poteva essere messo e tolto più velocemente (senza dover togliere prima le giberne), e poteva essere portato, oltre che aperto o chiuso, anche arrotolato a tracolla, con il minimo ingombro (un vantaggio, data la variabilità del tempo in montagna). Questo portò ad una grande differenziazione visiva tra l'esercito austroungarico (un'armata di "cittadini", che vestivano il cappotto) e quello italiano (un'armata di "contadini", che vestivano il mantello).

  • @italoumbertopalmieri6017
    @italoumbertopalmieri60179 ай бұрын

    Finalmente anche in Italia qualcuno che fa ricostruzione storica accurata! Bravi, mi iscrivo al canale!

  • @neutronalchemist3241
    @neutronalchemist32419 ай бұрын

    I pantaloni lunghi, similmente alle maniche della giubba, erano abbastanza larghi e comodi nella parte superiore fino al ginocchio, e si potevano stringere ed adattare alla vita a mezzo di un cinturino con fibbia in metallo applicato sul retro. Sui fianchi si aprivano due tasche mentre il retro ne era privo. Tutte le fodere erano nel solito cotone grezzo. Verso il basso il pantalone si restringeva terminando con un gambaletto di cotone grezzo da fodere alto circa 8-10 cm, che si stringeva attorno al collo del piede mediante due fettucce di cotone; questo permetteva di infilare l’estremità del pantalone nel gambaletto di cuoio degli scarponi. Le truppe da montagna ebbero invece un pantalone che differiva dal precedente per essere, similmente a quello degli alpinisti sportivi dell'epoca, “corto” è cioè arrivare solamente fin sotto al ginocchio ove si serrava mediante un gambaletto in panno munito delle solite due fettucce di cotone; altre caratteristiche di tale capo erano l’ampiezza del taglio, per permettere agevoli movimenti in montagna, e la presenza di una tasca posteriore applicata sulla parte destra, per il resto mantenevano le stesse caratteristiche di quelli lunghi. Visto il tipo di pantalone, le truppe da montagna furono le sole ad essere dotate di fasce mollettiere fin dal 1909. Il pantalone lungo infatti si sarebbe rapidamente distrutto, nella parte inferiore, sulle rocce. Mentre le fasce (similmente ai calzettoni spessi portati dai suddetti alpinisti) garantivano maggiore protezione. Il problema preventivato solo per le truppe da montagna, si presentò poi anche per la fanteria ordinaria durante la guerra (non era un caso che i pastori, che facevano vita all'aperto tutto l'anno, portassero i gambali a protezione delle tibie), acuito quando lo stivaletto modello 1912 venne sostituito, come vedremo, dallo scarpone, più robusto, ma meno protettivo per la tibia e troppo basso per infilarci dentro i calzoni. Le fasce mollettiere, uno dei capi simbolo della Grande Guerra, furono quindi introdotte per tutte le forze armate nel 1916. Prima dell'adozione, l’Intendenza Generale richiese alle varie armate pareri sulle mollettiere e le opinioni che ne seguirono furono le seguenti: la Prima e Seconda Armata si dissero contrarie alle mollettiere perché poco protettive contro il freddo avendo anche l’aggravante che asciugandosi indossate tendevano a restringersi dando problemi al militare e, se venivano allentate per ovviare al problema della circolazione, esse cadevano. La Quarta Armata e la Zona Carnia invece le trovarono ottime e resistenti e soprattutto più facili ad asciugarsi che non i calzettoni di lana, di cui erano invece entusiasti la Prima e Seconda Armata, che avevano lo svantaggio di sfilacciarsi e rovinarsi a contatto delle asperità del terreno e di perdere elasticità. Il giusto compromesso lo trovò la Terza Armata che propose il calzettone in lana privo di piede (gambaletto) in aggiunta alle fasce. Ogni militare venne quindi dotato di quattro paia di calze di lana e di pezze da piedi, da portarsi sopra il pantalone, e le fasce mollettiere da avvolgere sopra sia al gambaletto che al collo dello scarpone, in modo che l'acqua non vi potesse penetrare. Le fasce mollettiere sono state in seguito molto malignate, ma c'è da dire che, in quella situazione, rispondevano bene ad esigenze che non erano state completamente risolte neanche all'epoca della IIGM (basti pensare alle ghette portate dalle truppe USA, con la loro miriade di bottoncini). Davvero poco comprensibile invece il ricorso ai calzettone senza piedi, e di conseguenza alle pezze da piedi. Scomode, e lunghe da mettere. Riguardo le scarpe. Nel 1912 vennero introdotte nuove calzature in cuoio che si dividevano in: stivaletti per armi a piedi non di montagna, e scarponi per truppe da montagna. I primi erano in cuoio nero, erano caratterizzati da un alto gambaletto di circa 20-22 cm, nel quale si serrava il fondo dei pantaloni lunghi. Queste calzature si chiudevano mediante una serie di occhielli (in basso)e ganci di metallo brunito (in alto), la suola in cuoio era dotata di chiodatura leggera. Questo tipo di calzatura era, praticamente identico, suole chiodate a parte, ad un moderno paio di anfibi. Le calzature per truppe da montagna erano scarponi molto più robusti, con rinforzi in cuoio sul puntale e calcagno, bassi, in quanto erano abbinati alla mollettiera, e dotati di una chiodatura molto più robusta e fitta rispetto a quelli da fanteria, completata con i chiodi da roccia sul bordo della suola. Generalmente questi venivano consegnati color cuoio naturale, e spettava al militare scurirli con il grasso. Anche qui, con il procedere della guerra, ci si rese conto che i moderni anfibi non erano adatti alle condizioni operative. Lo strisciamento sulle rocce del carso portava infatti ben presto a bucarli in punta e sul tallone. Le uniche calzature valide sul nostro fronte alpino e carsico si rivelarono quindi i più robusti scarponi Mod.1912 da truppe da montagna. Fu così che nel 1916 tutte le armi ricevettero tale modello di calzatura, avendo come sola differenza la tipologia di chiodatura. Gli scarponi arrivavano tutti di colore naturale, e si annerivano con le frequenti ingrassature, per garantire il massimo l’impermeabilità.

  • @FondriniAlberto
    @FondriniAlberto9 ай бұрын

    La nonna di mia moglie mi regalo` una foto di suo padre. Nella foto vi è un alpino con la mitragliatrice, ma la cosa più bella è che una graffetta (fermaglio italiano in ferro nichelato) tutta arrugginita "allega" alla foto due stelle alpine ... fiori che ormai hanno più di cent'anni ... ma sono ancora in ottimo stato.

  • @antoniopannese7052
    @antoniopannese70526 ай бұрын

    Bellissimo ❤️😍❤️😍😍😍❤️😍❤️❤️😍😍❤️❤️😍❤️

  • @filippocoleschi9454
    @filippocoleschi94549 ай бұрын

    Splendido video ragazzi, meraviglioso!

  • @konigstiger4999
    @konigstiger49999 ай бұрын

    Grazie!

  • @neutronalchemist3241
    @neutronalchemist32419 ай бұрын

    Meriterebbe una disamina molto più lunga, magari divisa in tre parti (uniforme, armi, accessori). Ad es, l'uniforme 1909 da truppa non prevedeva le fasce mollettiere. Queste vennero introdotte solo durante la guerra, rese necessarie dal cambio delle calzature. L'uniforme modello 1909, da capo a piedi, si componeva di: Un berretto a tubo in panno di lana grigioverde, dotato di visiera di cuoio e foderato in cotone. Con la guerra venne introdotto un nuovo copricapo, più semplice da realizzare, che convisse con il modello precedente per tutta la guerra, la cui cupola era interamente realizzata in feltro, in poche parole un cappello da alpino senza tesa ed al suo posto una visiera in cuoio verniciato. Questo berretto, oggettivamente brutto, venne comunemente denominato “scodellino”. Con lo scoppio della guerra comunque l'uso dei berretti venne relegato alle retrovie. Per la prima linea, dopo una prima prova con il rudimentale "elmo Farina", per coprire l'emergenza, l'Intendenza ordinò in Francia una fornitura di elmetti modello "Adrian". L'Adrian aveva il vantaggio di essere leggero e ben areato (grazie alla presa d'aria superiore, coperta dalla cresta, che assicurava l'"effetto camino"), ma gli elmetti originali francesi, in quattro pezzi rivettati (lo zuccotto, due metà della tesa, e la cresta) erano troppo fragili (potevano andare in pezzi anche solo per forti urti). Nel 1916 venne adottato un elmetto di forma analoga, ma di produzione nazionale, con calotta monopezzo in lamiera stampata, e con la cresta saldata, molto più robusto (i francesi ne adottarono uno analogo nel 1926). Gli Adrian modello 1915 già distribuiti non vennero comunque ritirati, e quindi i due modelli convissero per tutta la guerra.

  • @simonepascuzzi
    @simonepascuzzi8 ай бұрын

    iscritto ora al Canale con vero piacere. Bravi, continuate così

  • @nano9469
    @nano94698 ай бұрын

    Che bello vedere due ragazzi che parlano della prima guerra mondiale, ho 29 anni e vedo pochi giovani interessati mi sento quasi l ultimo… Ahha Continuate così e aspettavo di vedere il caricatore Ahha ma fa niente

  • @user-qy3sp1br2p
    @user-qy3sp1br2p9 ай бұрын

    Bellissimo video.

  • @Triple9Revenge
    @Triple9Revenge3 ай бұрын

    4:37 Il nonno di mio nonno era un ciclista in prima linea nel 152 esimo regimento di fanteria Brigata Sassari

  • @claudiobernardi3002
    @claudiobernardi30029 ай бұрын

    Bravi ragazzi per il lavoro che fate, state migliorando, continuate così! P. S. Io sono nella 74^ 😁

  • @Alberto-fb9nr
    @Alberto-fb9nr9 ай бұрын

    😎

  • @Wilderness_Tv
    @Wilderness_Tv3 ай бұрын

    Ciao, posso chiederti dove hai comprato i fucili? Sono in ottima condizione.

  • @frazuppi4897
    @frazuppi48979 ай бұрын

    bellissimo, sul sito pero non esiste un calendario eventi 2023

  • @lucamontanaro5362
    @lucamontanaro53629 ай бұрын

    Manca la macchina del tempo per noi appassionati

  • @amedeodemagnis89
    @amedeodemagnis899 ай бұрын

    ONORE ALL'ESERCITO ITALIANO 🇮🇹 VIVA L'ITALIA 🇮🇹

  • @comesefosseantani231
    @comesefosseantani2319 ай бұрын

    Probabilmente sbaglio, non conoscendo il tipo di materiali utilizzati, ma ho sempre pensato che i nostri equipaggiamenti fossero di pessima qualità. L'elemetto poi, offre la stessa protezione di una padella.