Aderirono alla R.S.I.

Artisti, attori, cantanti, musicisti, poeti, scrittori, giornalisti, sportivi...
Tra gli 800.000 volontari di Salò che scelsero di difendere l'ONORE d'ITALIA, c'erano anche loro.
"La resa dell'Italia fu uno sporco affare. Tutte le nazioni elencano nella loro storia guerre vinte e guerre perse, ma l'Italia é la sola ad aver perduto questa guerra con disonore, salvato solo in parte dal sacrificio dei combattenti della RSI."
Dwight D. Eisenhower
Raimondo Vianello lo ha detto chiaro : " Io non rinnego niente ". Riaprire la questione del servizio militare prestato, oltre mezzo secolo fa, nella Repubblica Sociale, poteva costargli caro alla vigilia del Festival di Sanremo che deve presentare. Eppure Vianello ha scelto la Dignità, non l'opportunità. Sarebbe bello se a Sanremo ' 98 ci fossero con lui anche l'ex iscritto al M.S.I. di Milano (1956) Adriano Celentano; l'ex frequentatore della Giovane Italia a Bologna nei primi anni '60 Lucio Dalla ; il presunto finanziatore del Soccorso Tricolore de " Il Borghese " dei primi anni '70, Lucio Battisti con Mogol, alias Giulio Rapetti, che per i testi di qualche sua canzone ha preso in prestito parole di Robert Brasillach...
Walter Chiari partecipò ai combattimenti seguiti allo sbarco in Normandia indossando la divisa tedesca, come invece era noto per altri ventenni sotto le armi in quel periodo che sarebbero diventati celebri attori. A rivelarlo è il documentario sullo sbarco in Normandia e la campagna che ne derivò dal 6 giugno 1944.
Dopo la "liberazione" fu prigioniero nel campo di Coltano con Vianello e il poeta americano Ezra Pound, vicino a Pisa.
A Genova nel 1975, durante lo spettacolo Chiari di luna, in cui Walter reggeva la scena da solo per due ore, egli pronuncia una battuta che suonava come: "Quando fu appeso per i piedi a Piazzale Loreto, dalle tasche di Mussolini non cadde nemmeno una monetina. Se i nuovi reggitori d'Italia avessero subito la stessa sorte, chissà cosa uscirebbe dalle tasche di lorsignori!"
Guglielmo (detto Memmo) Carotenuto, arrestato dai partigiani a Venezia e incarcerato mentre lavorava al cinema della RSI. La sua famiglia finì allo sbando... al ritorno a Roma trovò la casa occupata dai partigiani comunisti. Fu un grande uomo e camerata.
GIORGIO ALBERTAZZI - "...Il mio mito - racconta - non era tanto quello di Mussolini (non apprezzavo la sua retorica), ma di Ettore Muti ucciso dai badogliani, di Italo Balbo abbattuto nel cielo della Sirte, degli eroi della Folgore. La parte legale dell’Italia per me era quella; ed io, rispondendo al bando della Repubblica sociale italiana, ho combattuto per l’Italia. Nessun pentimento, voltare gabbana, mai. Le cose che mi avevano spinto a Salò furono l’anti-clericalismo, l’idea sociale della Carta del lavoro e della partecipazione dei lavoratori agli utili delle aziende. Di che cosa dovrei pentirmi? Ciascuno fa nella vita quello che ritiene giusto di fare, giusto o sbagliato che sia. Non amo i pentiti. Il pentimento è un sentimento cattolico che ho sempre disprezzato e continuo a disprezzare..."
Altri nomi:
Tiberio Mitri, pugile, milizia ferroviaria.
Carlo Mazzantini, scrittore, Camice Nere.
Piero Vivarelli, regista cinematografico, Xma MAS.
Roberto Vivarelli, storico, Brigate Nere.
Michele Bonaglia, pugile, fucilato da partigiani 1944.
Artisti che lavorarono alla Cinecittà di Venezia:
Elena Zareschi, attrice. Mino Doro, attore. Silvio Bagolini, attore. Cesco Baseggio, attore. Roberto Villa ,attore. Lilla Brignone, attrice. Memo Benassi, attore. Emma Gramatica, attrice. Toti dal Monte, soprano lirica. Piero Tellini, sceneggiatore. Carlo Nebiolo, operatore. fernando Cerchio, regista cinematografico. Carlo Borghesio, regista cinematografico. Giorgio Ferroni, regista.
Il tenore Tito Schipa fu arrestato dalla polizia partigiana per l’ abitudine, ai tempi della RSI di presentare così una sua esibizione: Vi canterò ora “Torna a Surriento”….e ci torneremo”.
il 25 febbraio del 1945 nei camerini del Teatro della Pergola venne aggredito Antonio De Curtis (in arte Totò), colpevole di calunnie e ironie sui partigiani ai quali durante il suo spettacolo, si era lasciato andare un "imputato alzatevi".
(Enrico Nistri, La Firenze della ricostruzione 1944-57, Empoli 2008)
la canzone: "Anche se tutti noi no!" della Compagnia dell'anello
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Пікірлер: 250

  • @Paulovich2000
    @Paulovich200010 жыл бұрын

    caro Nero, nel video manca mio nonno Memmo Carotenuto, che venne arrestato dai partigiani a Venezia, mentre lavorava al cinema della RSI. La sua famiglia finì allo sbando e al ritorno a Roma trovarono la casa occupata dai partigiani comunisti. Fu un grande uomo e camerata.

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO11 жыл бұрын

    “L’allievo paracadutista Fo era un fedelissimo fascista” - disse Milani, sotto deposizione, al giudice. “Venne più volte con me durante i rastrellamenti della Val Cannobina e partecipò alle fasi della riconquista dell’Ossola occupata dai partigiani. Il suo compito era quello di portare esplosivi e munizioni“. Nel 45, il ‘ciula’ come lo chiamavano a scuola per via della sua dabbenaggine, negò ovviamente tutto.

  • @Giunone20
    @Giunone2011 жыл бұрын

    Caspita! uomini e donne, artisti con un temperamento così eccezionale che non c'è uno solo adesso che si possa appena avvicinare a loro.

  • @raffaelebianchino2197
    @raffaelebianchino219710 жыл бұрын

    servire l'Italia è onorevole, da qualunque schieramento politico lo si faccia. ma rinnegare il passato o ignorare le colpe di cui si macchiarono molti uomini di allora, vuol dire non voler crescere. oggi viviamo in un mondo dove gli ideali vengono ignorati, e si salta da una carro all'altro con estrema disinvoltura e mancanza assoluta di dignità, solo noi che non apparteniamo alla politica possiamo dire le cose come veramente stanno, perché non siamo infettati dal potere. ma dico a chi è giovane e sta studiando o ha appena finito, di farsi una domanda: come sarebbero andate le cose se l'Italia non fosse entrata in guerra? oggi siamo sicuri che tutti condannerebbero Mussolini? studiate la sua vita, la sua storia, quella reale, imparate a conoscerlo davvero. vi assicuro che tanti conti non vi tornerebbero più

  • @piggyramirez
    @piggyramirez9 жыл бұрын

    dario fo dovrebbe farsi un bell'esame di coscienza...

  • @sebastianovenier5580
    @sebastianovenier55809 жыл бұрын

    Anche oggi.... anche se tutti noi no! onore a chi ha combattuto dalla parte "sbagliata".

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO8 жыл бұрын

    E’ morto Giorgio Albertazzi, re del teatro che non rinnegò mai la Repubblica Sociale Roma, 28 mag - Si è spento stamattina, presso la propria tenuta in Maremma, Giorgio Albertazzi. 93 anni da compiere ad agosto, era da tempo sofferente e “il suo cuore ha smesso di battere alle 9”, spiega la famiglia in una nota. Nato a Firenze nel 1923, a vent’anni aderisce alla Repubblica Sociale Italiana, così come tanti altri che nel dopoguerra intrapresero poi la carriera dello spettacolo: Tognazzi, Vianello, Ferrari. Combatte nella Legione Tagliamento della Guardia Nazionale Repubblicana, venendo incarcerato al termine del conflitto. Resterà in galera fino al 1947, quando tornerà in libertà a seguito dell’amnistia Togliatti. Una scelta, quella dell’adesione alla Rsi, che non rinnegherà mai: “Scelsi la parte dei perdenti e lo feci più che per un istinto anarchico che non per convinzione. Fu un mio dramma personale, ma senza rinnegarlo o cercare scorciatoie. Poi a me il pentitismo non piace”, ebbe a dire non più tardi di un anno fa, intervistato dal Fatto Quotidiano. “Piazzale Loreto - continuava Albertazzi nella stessa intervista - fu solo macelleria messicana. Niente altro. Fu uno schifo, per chi l’ha voluto e chi l’ha portato a termine quel disegno”. Se ne va così uno dei più grandi interpreti del teatro nella storia d’Italia. Riduttivo definirlo “attore”, vista la mole di ruoli ricoperti nel corso di una carriera poliforme e ricca di successi, durata più di 60 anni. Oltre a calcare le scene e i set - fu tra i primi divi televisivi della storia d’Italia- Albertazzi è stato infatti anche regista e autore radiofonico, senza dimenticare le incisioni su vinile delle opere dei più grandi letterati italiani e non, da Dante a Boccaccio, da D’Annunzio a Neruda. Fra le ultime apparizioni, una registrazione nel 2009 di una lettura della Divina Commedia fra le rovine dell’Aquila, in segno di solidarietà con l’Abruzzo colpito dal terremoto. Era uomo di coraggio, Albertazzi, unito a uno stile e ad un’intelligenza fuori dal comune. E non poteva non essere per un uomo capace di sedurre le più belle donne del suo tempo: Bianca Proclemer e Anna Toccafondi su tutte, mentre dal 2007 era legato alla nobildonna fiorentina Pia de’ Tolomei, di 36 anni più giovane. Originale fino all’ultimo, nel 2012 si dichiarava invidioso che CasaPound - allora in polemica con la figlia del poeta americano per l’utilizzo del nome - avesse per un giorno cambiato nome in “CasaBene”, in onore del celebre attore: “Provo un po’ di amarezza perchè sono vivo… Sarebbe stata una felicità che l’avessero intitolata a me”, disse. Aveva dato precise disposizioni di non celebrare le proprie esequie: “Non sarà un funerale - le parole della famiglia - perché il maestro desiderava così, ma un saluto agli amici domani, domenica alle 17 agli amici nella tenuta di famiglia alla Pescaia di Grosseto”. Nicola Mattei, Il primato Nazionale www.ilprimatonazionale.it/cultura/giorgio-albertazzi-teatro-rsi-45637/

  • @Pollyleprechaun
    @Pollyleprechaun10 жыл бұрын

    grazie di cuore per aver caricato questo video...accidenti se 'c'è qualcosa che stona' nella storia di questo paese, nelle sue ipocrisie e nei suoi iconoclasmi... il video è commovente, da togliere il fiato, fonte d'ispirazione...anche se tutti noi no. saluti

  • @TheQuadrophenia
    @TheQuadrophenia11 жыл бұрын

    Il nome che più mi sorprende è quello di Hugo Pratt.Adoro Corto Maltese,e le sue avventure che profumano di libertà e di grandi spazi aperti mi hanno sempre fatto pensare a tutt'altro.Ma è evidente che bisogna tener presente il contesto dell'epoca.Detto ciò,rimango di sinistra,ma è certo che la mia stima verso il Maestro Pratt e la sua creatura andrà ad aumentare.Chapeau.

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO8 жыл бұрын

    Riccardo Garrone, il ragazzo della Decima Mas diventato santo (per spot) Roma, 15 mar - Mondo del cinema in lutto per la scomparsa di Riccardo Garrone. I più giovani lo ricordano solo nella parte di San Pietro nella pubblicità del caffé Lavazza, ruolo interpretato dal 1995 al 2014 al fianco di Tullio Solenghi (che lo sostituirà nel ruolo nel 2014), poi di Paolo Bonolis e Luca Laurenti e infine di Enrico Brignano (2012-2014). Ma Garrone è stato soprattutto un grande protagonista della commedia italiana. Nato a Roma il 1 novembre 1926, nel 1949 inizia a frequentare l’Accademia di arte drammatica e nello stesso anno debutta sul grande schermo in “Adamo ed Eva” di Mario Mattoli. Ha lavorato con Dino Risi, Federico Fellini, Ettore Scola, Luigi Zampa, Damiano Damiani, Nanni Loy. Nel 1998 aveva interpretato il ruolo di Nicola Solari nella serie televisiva Un medico in famiglia. Sarebbe poi tornato a indossare i panni del personaggio nel 2004, nella quarta stagione, prendendo parte solo a due episodi. I fan della saga di Fantozzi lo ricordano anche per aver sostituito Giuseppe Anatrelli, morto prematuramente di infarto a 56 anni, nel ruolo del geometra Luciano Calboni nel quarto episodio della serie. Pochi conoscono, invece, un dettaglio non molto pubblicizzato della vita di Garrone: da giovane aveva indossato la divisa della Repubblica sociale italiana, così come tanti suoi altri colleghi, da Walter Chiari a Raimondo Vianello. A testimoniare circa la veridicità della diceria, che sul web gira da un pezzo senza troppe prove, è lo scrittore Fulvio Abbate, che di Garrone fu amico e che ha ripetuto il fatto della passata militanza repubblicana dell’attore varie volte nel corso degli anni, senza mai essere smentito dall’interessato. Nel 2001, quando si diffuse la notizia di una fiction Rai sulla Decima Mas, Abbate ci scrisse su un pezzo che terminava così: “In serata, ripensando a questa storia mi viene voglia di chiamare il mio amico Riccardo Garrone, lui che da ragazzo militò davvero nella Decima, lo raggiungo al telefono a Catania, mi dice di non saperne nulla, parliamo piuttosto della lava, per scherzo gli dico che se la notizia dovesse essere vera, a lui, come minimo, dovrebbero offrire la parte di Junio Valerio Borghese. Ridiamo. Alla fine vado a letto forte di una convinzione: mi sa che alla fine il ruolo del principe nero la daranno a Gabriel Garko. O forse, ora che ci penso, spetta di diritto a Luca Barbareschi. Diteci che è solo un sogno”. Nel suo ultimo libro, Roma: vista controvento, Abbate è tornato a parlare di Garrone, scrivendo en passant: “Figlio di un ufficiale di Marina, giovanissimo ha combattuto nei reparti della X Flottiglia Mas”. Adriano Scianca, Il Primato Nazionale www.ilprimatonazionale.it/cultura/riccardo-garrone-decima-mas-41733/

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO11 жыл бұрын

    Nel dicembre 1943, Fo entrò a fare parte del battaglione “A. Mazzarini” della Guardia Nazionale Repubblicana, come d’altra parte è stato documentato dalla rivista ‘Gente’ (servizio del 4 marzo 1978), dove il grande artista di Sinistra comparve, fiero e truce con la divisa da aspirante ‘parà’ repubblichino.

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO11 жыл бұрын

    andiamo "bene"! se ti metti a credere alle fetenzie che la rai manda in onda siamo proprio a posto. Se vuoi imparare la storia dalle loro fiction non credo che ti farai una cultura vera ed obbiettiva.

  • @piantadinoci
    @piantadinoci9 жыл бұрын

    Non mi sono messo di certo a indagare su tutti i nomi, ma ad annoverare tra gli aderenti alla RSI anche Cesare Pavese, Vasco Pratolini e Elio Vittorini ci vuole davvero coraggio...

  • @NikNaldi
    @NikNaldi11 жыл бұрын

    Son cresciuto con un nonno rosso e uno nero(bersaglieri della Divisione Italia).Quindi rispetto entrambi... Voglio solo farvi notare che entrambi a distanza di anni credevano ancora nei loro ideali e nonostante ciò si sono rispettati e voluti bene. Il nero però non si è mai perdonato di aver preso parte ai rastrellamenti tedeschi, spesso finiti come sappiamo. visse fino la fine con il rimorso,.A tal proposito come la pensi?

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO9 жыл бұрын

    Guarda e diffondi il mio nuovo video: 1915 - 2015 I CENTO ANNI DELLA GRANDE GUERRA kzread.info/dash/bejne/jJeqr9SMeKu_frg.html

  • @NEROITALICO

    @NEROITALICO

    9 жыл бұрын

    questi due imbecilli fanno parte di quel gruppo composto da quattro gatti che sabato manifestavano contro l'Italia e contro coloro che combatterono e morirono per donarci una patria. Oggi come ieri: feccia rossa!

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO9 жыл бұрын

    GIORGIO ALBERTAZZI - "...Il mio mito - racconta - non era tanto quello di Mussolini (non apprezzavo la sua retorica), ma di Ettore Muti ucciso dai badogliani, di Italo Balbo abbattuto nel cielo della Sirte, degli eroi della Folgore. La parte legale dell’Italia per me era quella; ed io, rispondendo al bando della Repubblica sociale italiana, ho combattuto per l’Italia. Nessun pentimento, voltare gabbana, mai. Le cose che mi avevano spinto a Salò furono l’anti-clericalismo, l’idea sociale della Carta del lavoro e della partecipazione dei lavoratori agli utili delle aziende. Di che cosa dovrei pentirmi? Ciascuno fa nella vita quello che ritiene giusto di fare, giusto o sbagliato che sia. Non amo i pentiti. Il pentimento è un sentimento cattolico che ho sempre disprezzato e continuo a disprezzare..."

  • @blackflorence76
    @blackflorence769 жыл бұрын

    Belli come il sole !

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO9 жыл бұрын

    1936: quando il governo mise il guinzaglio ai banchieri (Il Primato Nazionale) Roma, 10 mar - Dopodomani ricorre un importante anniversario. Il 12 marzo del 1936 con il (DL 12 marzo 1936 n. 375 - legge 7 marzo 1938, n. 141), si riformava in maniera integrale ed unitaria il sistema bancario italiano. Il decreto legge poggiava su tre punti essenziali. In primis l’istituzione di un organismo statale avente funzioni di alta vigilanza e di direzione politica dell’attività creditizia. In secundis, introduzione della specializzazione istituzionale, temporale ed operativa degli enti di credito. Molto importante fu la separazione tra banche operanti a breve termine e quelle operanti a medio lungo termine. Ed, infine, l’affermazione del principio della separatezza tra banche ed industria: le banche non potevano assumere partecipazioni in imprese industriali e commerciali. Detta così non si comprende l’importanza di tale normativa. Tradotto in soldoni, significava che la Banca d’Italia era arbitro del sistema creditizio. In pratica, i banchieri dovevano decidere il loro core business: risparmio o speculazione. Non solo, ma anche era fatto divieto alle banche di entrare nei consigli di amministrazione delle aziende. Il principio è molto semplice. Chi eroga credito non può essere socio del creditore. A tal proposito sul sito della Banca d’Italia si legge che: “In un contesto di preparazione alla guerra (nel 1935 iniziò l’aggressione all’Etiopia) venne elaborata, la legge di riforma bancaria del 1936. Una prima parte (tuttora in vigore) della legge definì la Banca d’Italia (istituto di diritto pubblico) e le affidò definitivamente la funzione di emissione (non più, quindi, in concessione). Gli azionisti privati vennero espropriati delle loro quote, che furono riservate a enti finanziari di rilevanza pubblica. Alla Banca fu proibito lo sconto diretto agli operatori non bancari, sottolineando così la sua funzione di banca delle banche. Una seconda parte della legge (abrogata quasi interamente nel 1993) fu dedicata alla vigilanza creditizia e finanziaria: essa ridisegnò l’intero assetto del sistema creditizio nel segno della separazione fra banca e industria e della separazione fra credito a breve e a lungo termine; definì l’attività bancaria funzione d’interesse pubblico”. L’autorevole centro studi di Bankitalia dimentica però che il maledetto regime fascista iniziò ad occuparsi del sistema creditizio molto prima della guerra in Etiopia. Nel 1926 entrarono in vigore alcuni importanti decreti. Vediamo quali. La Banca d’Italia diventava l’unico istituto di emissione e vigila tutte le banche. Essa, dunque, doveva autorizzare la costituzione di nuove aziende di credito, l’apertura di nuovi sportelli e le fusioni tra banche. Vi era, altresì, l’obbligo di accantonamento a riserva di almeno 10% degli utili e di presentare il bilancio d’esercizio e le situazioni periodiche alla Banca d’Italia. Nonostante questi provvedimenti, la legislazione del 1926 si manifestò inadeguata ad evitare squilibri pericolosi tra la raccolta e gli impieghi. Nel 1929 la grande crisi investì il nostro paese e il nostro sistema bancario, essendo ancora molto legato all’industria, si trovò in gravi difficoltà. Lo Stato, in questo modo, fu costretto a intervenire con un duplice obiettivo: favorire il finanziamento degli investimenti durevoli delle imprese mediante mutui a medio lungo termine. E rilevare le partecipazioni industriali possedute dalle banche, onde restituire a esse la necessaria liquidità. Nacquero, quindi, nel 1931 l’IMI (istituto mobiliare italiano) e nel 1933 l’IRI (istituto per la ricostruzione industriale), che diventò poi perno del sistema delle partecipazioni che lo stato si era trovato a possedere dopo gli interventi. Bisognerebbe, infine ricordare alle teste d’uovo di Palazzo Koch che la fascistissima legge del 1936 fu abrogata in parte solo negli anni novanta. Una bella carriera per una legge partorita da un regime illiberale. Il merito va tutto all’illustrissimo professor Giuliano Amato. La legge 30 luglio 1990 n°218 (“Legge Amato”) portò avanti il processo di ristrutturazione delle banche di diritto pubblico secondo le norme della S.p.a. Gli effetti principali della legge furono diversi. Si rafforzò la struttura patrimoniale delle banche rendendo loro possibile il ricorso al mercato per la provvista di nuovo capitale di rischio, cioè per la loro ricapitalizzazione. Si adeguò il processo di concentrazione delle banche, attraverso operazioni di fusioni tendenti a produrre dimensioni aziendali competitive a livello europeo. Ponendo di fatto le basi per la “privatizzazione” degli istituti pubblici. Se questo non bastava, nel 1993, quando tutti pensavano a tirare le monetine contro i politici, il lavoro fu portato a termine. Il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia “Ha riunito in un quadro unitario e organico le disposizioni esistenti, delineando così, una nuova struttura e una nuova disciplina del settore creditizio. L’attività bancaria: Ha carattere d’impresa: va svolta con criteri imprenditoriali e privatistici. Ѐ riservata alle banche: alle imprese in possesso dell’autorizzazione della Banca d’Italia e iscritte all’Albo”. Grazie ad Amato il sistema creditizio è fondato sul principio della despecializzazione delle banche: istituzionale, temporale ed operativa. “ Tutte le banche sono S.p.a o società cooperative per azione a responsabilità limitata. Non esiste più la differenziazione tra banche che operano a breve termine e quelle che operano a medio lungo termine. Le banche possono operare in ogni settore e offrire una gamma maggiore di servizi. Le banche, inoltre, possono detenere partecipazioni nel capitale di imprese del settore industriale e commerciale e viceversa”. Oggi giustamente la gente si sente oppressa dall’Europa delle banche. In realtà, la nostra sovranità l’abbiamo svenduta qualche anno prima. Bisognerebbe quindi riflettere bene per capire la vera genesi dei nostri problemi. La storia sempre ci riserva molte sorprese. Le vicende umane sfuggono alle categorie e ai recinti dentro cui noi vogliamo ingabbiarle. Infatti, fu il socialista riformista Alberto Beneduce ad aver avuto carta bianca da Mussolini per mettere ordine nel sistema bancario italiano. Sessanta anni dopo un altro socialista come Giuliano Amato metteva in mano ai poteri forti della finanza le sorti della nostra economia. Ma perché il fascismo-regime delegava la gestione dell’economia pubblica ad un socialista per di più massone? Per capire questo basta ricordare una frase tratta da Il Trattato del ribelle di Ernst Junger: “Il ribelle non si lascia abbagliare dall’illusione ottica che vede in ogni aggressore un nemico della patria”. Salvatore Recupero www.ilprimatonazionale.it/economia/riforma-sistema-bancario-italiano-1936-18740/ Guarda il mio video: SIGNORAGGIO: LE SOLUZIONI DI MUSSOLINI kzread.info/dash/bejne/mKmGsdOeaLC8XZM.html

  • @Thanoiser
    @Thanoiser11 жыл бұрын

    Onore a chi ha creduto e non ha tradito

  • @sonoiosi9279
    @sonoiosi92797 жыл бұрын

    Anke se tutti noi nooooooooo!

  • @StefanoCortesi76
    @StefanoCortesi769 жыл бұрын

    perché, sai, certe emozioni, specialmente se sincere. le conservi nella mente e diventano bandiere !

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO9 жыл бұрын

    Mario Aimi, muore uno degli ultimi eroi di El Alamein (Il Primato Nazionale) Modena, 30 giu - E’ morto oggi all’età di 99 anni Mario Aimi. Nato a Modena il 5 Agosto del 1915, nel 1934 entra nella Regia Aereonautica come ufficiale pilota di complemento. Nel 1941 parte per l’Africa Settentrionale. Lì partecipa con successo e coraggio a molte missioni: tra tutte quelle della battaglia di El Alamein con il grado di tenente pilota del cinquantesimo stormo caccia assalto. Memorabile il racconto di una delle imprese: il suo aereo sta precipitando con le bombe ancora agganciate, non può sganciarle perché al di sotto ci sono le linee italiane e la velocità è troppo elevata per lanciarsi con il paracadute. A poche decine di metri dal suolo riesce a raddrizzare l’aereo, e ad atterrare sulla via Balba, che conduce ad El Alamein. A Tobruch fu invece protagonista di tre azioni in un solo giorno: alla terza, un colpo di contraerea lo colpì, ma la sua abilità gli consentì di rientrare al campo senza una parte della fusoliera e il ruotino di coda. Il suo valore viene premiato con una medaglia d’argento al valor militare. Più avanti riceverà da Rommel anche una croce di ferro tedesca di seconda classe. La sua ultima missione sarà in Sicilia nel ’43, per contrastare lo sbarco alleato. Poi, solo per una brutta ferita ad una gamba, non potrà aderire alle forze della Repubblica Sociale Italiana. Dopo la guerra, non un destino di onori come sarebbe stato dovuto ma una casa occupata e un difficile ritorno alla vita: l’Italia nata dalla Resistenza non apprezza un pluridecorato eroe di guerra, a maggior ragione se con una croce tedesca sul petto. Dopo aver tentato di emigrare in Argentina, recuperata la sua casa lavorerà come insegnante. Ora, ha raggiunto gli altri eroi italiani di El Alamein. Cristiano Coccanari www.ilprimatonazionale.it/cronaca/mario-aimi-muore-uno-degli-ultimi-eroi-di-el-alamein-26525/

  • @giacomogiovanardi8369

    @giacomogiovanardi8369

    8 жыл бұрын

    +NERO ITALICO una generazione (quella dei miei nonni, anche loro combattenti durante la guerra) che sta scomparendo purtroppo...muore l'ultima generazione di ITALIANI...poi il nulla, spero solo (anche se le premesse non lo lascerebbero sperare) che noi nipoti possiamo avere l'opportunità di onorare la memoria dei nostri nonni

  • @NEROITALICO

    @NEROITALICO

    8 жыл бұрын

    purtroppo oggi è in atto la più grossa operazione mediatica (e culturale) di sostituzione della identità nazionale. Guarda la propaganda martellante che si fa in tv sullo stile di vita americano. Ci vogliono insegnare a pensare come loro, a vestirci e a comportarci come loro, addirittura a mangiare e a produrre lo stesso cibo spazzatura che producono e mangiano loro... Purtoppo nostri giovani, sempre più dipendenti dal tubo catodico, subiscono questo lavaggio del cervello, giorno dopo giorno. La colpa è sicuramente quella di una classe politica appecorinata ai voleri mondialisti dei loro padroni di oltre oceano. Stanno distruggendo la nostra cultura, la nostra identità, la nostra nazione, la nostra coscienza nazionale. Progressisti, catto-comunisti e destre liberiste sono il cancro di un'Italia in fase (ahi noi) terminale.

  • @giacomogiovanardi8369

    @giacomogiovanardi8369

    8 жыл бұрын

    Io credo che dato che orami ci sono molti modi per informarsi oltre al tubo catodico, forse forse una minima speranza rimane. È proprio la globalizzazione da loro tanto voluta che potrebbe rivoltarglisi contro. Un giovane oggi può venire a contatto con un mondo culturale meraviglioso che i principali mezzi tradizionali censurano e boicottano. Basta accendere il pc

  • @NEROITALICO

    @NEROITALICO

    8 жыл бұрын

    ci sono un milione di trappole nascoste anche nel web

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO11 жыл бұрын

    Ma per la Giustizia Dario Fo venne reputato colpevole e condannato ad una mite pena. Anche se, molto misteriosamente, nel 1946 il carteggio del suo processo sparì nel nulla (Fo non fece mai alcun ricorso contro la sentenza avversa). leggi su: ercolinamilanesi punto com

  • @AntonioGalaFausto
    @AntonioGalaFausto7 жыл бұрын

    be dopo tutto furono coraggiosi sino in fondo e nn avevano come mio padre sofferto la guerra nei campi !!

  • @ploaghe75
    @ploaghe7510 жыл бұрын

    qual è il titolo della canzone?

  • @francescomontagner8174
    @francescomontagner81749 жыл бұрын

    Vorrei far notare che Ferreri aveva 15 anni al tempo della Repubblica di Salò. Età di maturità per un giovane uomo di quell'epoca, però non imputabile di una matura coscienza politica.

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO9 жыл бұрын

    Guarda e diffondi il mio vuovo video: “La vera storia di Dario Fò nella R.S.I.” kzread.info/dash/bejne/mq2M2LaJcri2crQ.html

  • @davidefs4998
    @davidefs499810 жыл бұрын

    caro nero grazie per le tue preziose opere, documenti di rara autenticita che rispecchiano fedelmente gli splendori del ventennio,continua la tua opera divulgativa e se puoi potenziala, il periodo in cui viviamo, e un terreno molto fertile,che puo invitare alla riflessione e risvegliare le coscienze.

  • @halsamdu
    @halsamdu10 жыл бұрын

    Non mi meraviglio. Da noi in Friuliarruolarsi tra i partigiani o tra i repubblichini a volte dipendeva dalla riva del fiume sul quale si viveva

  • @lavitaebella3028
    @lavitaebella302810 жыл бұрын

    Caro nero italico devi pubblicare l'elenco dei politici che erano fascisti.

  • @carlodangelo3705
    @carlodangelo370510 жыл бұрын

    mancano alcuni come Bocca e altri !! cque grazie della testimonianza

  • @NEROITALICO

    @NEROITALICO

    10 жыл бұрын

    “Giorgio Bocca: fascista quando c’era il fascismo, antifascista quando c’era l’antifascismo, craxiano quando c’era Craxi e anticraxiano quando Craxi cadde in disgrazia”. In Bocca c'era anche qualcosa di peggio dellì'abuitudine delle elites italiane di essere banderuole, servitori di due padroni, franza o spagna purchè si magna, servitori e lacchè, sciuscà e federali. Servile da Fascista, vigliacco da antifascista, anche lì per eccesso di zelo. Entra nella resistenza dopo l'8 settembre '43 e per farsi proclamare eroe fa condannare a morte uomini e donne a guerra finita. Serviva una medaglia, se l'è stampata sul petto. Presidente del Tribunale del Popolo condannò a morte, fra gli altri Adriano Adami, era il 27 Aprile del 1945, la guerra era finita. Adriano Adami era un sottufficiale Repubblicano, aveva 23 anni, la stessa età che aveva Bocca quando scriveva che la guerra era giusta perchè gli ebrei volevano dominare il mondo e gli ariani dovevano difendersi. Non fece la R.S.I. si era già venduto ai nuovi padroni. Tuttavia puoi trovare anche lui in uno dei sei miei video: FURONO FASCISTI FURONO FASCISTI - Italiani voltagabbana Pt. 3°

  • @stefanofocacci

    @stefanofocacci

    10 жыл бұрын

    NERO ITALICO Bocca: semplicemente disgustoso.

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO9 жыл бұрын

    È morto Günter Grass, l’ex SS divenuta premio Nobel (Il Primato Nazionale) Berlino, 13 apr - È morto oggi a Lubecca all’età di 87 anni lo scrittore e drammaturgo tedesco Günter Grass. Aveva vinto il premio Nobel per la letteratura nel 1999. Ad annunciarlo la sua casa editrice Steidl. Nel gennaio 2014 aveva annunciato che, a causa dell’età, non avrebbe più scritto romanzi. Grass era nato il 16 ottobre 1927 a Danzica, all’epoca un’autonoma città-stato (attualmente parte della Polonia). Conosciuto come un pacifista e un intellettuale critico nei confronti del passato nazionalsocialista della Germania, dette scandalo quando rivelò di essersi arruolato volontario nelle SS. Dopo aver tentato a 15 anni di entrare nella marina del Terzo Reich, il futuro scrittore si arruolò nel Reichsarbeitsdienst (un corpo ausiliario della Wehrmacht) e due anni dopo entrò, sempre come volontario, nelle Waffen SS. Grass, a destra, in divisa nazionalsocialista Nell’agosto del 2006, ormai settantottenne, lo scrittore tedesco ammise di aver fatto parte, come volontario e non coscritto, come si era fino a quel momento creduto, della 10. SS-Panzer-Division “Frundsberg” delle Waffen-SS. Il motivo del suo arruolamento, disse, era stata “la volontà di lasciare la famiglia: molti ragazzi come me si offrivano volontari per il servizio militare per la stessa ragione. Era una cosa comune per quelli della mia generazione, un modo per girare l’angolo e voltare le spalle ai genitori”. Solo dopo aver ricevuto la lettera di coscrizione “mi resi conto che mi stavano mandando a Dresda con l’uniforme delle SS”. Ferito in servizio nel 1945 fu catturato dagli statunitensi e finì in un campo di prigionia in Baviera insieme ad altri soldati tedeschi. Per non farsi mancare nulla, Grass ha preso anche diverse posizioni critiche nei confronti dello stato di Israele: prima un poemetto pubblicato sulla Süddeutsche Zeitung, in cui criticava duramente la possibilità di un attacco israeliano contro l’Iran, poi un elogio di Mordechai Vanunu, il tecnico della centrale atomica di Dimona, che nel 1986 rivelò al Sunday Times i segreti nucleari d’Israele. Vanunu fu attirato a Roma da un’agente del Mossad, rapito, portato in Israele, processato per alto tradimento in gran segreto e condannato a 18 anni di prigione. Per 11 anni venne detenuto in totale isolamento. Per questo motivo, Grass era stato dichiarato persona non grata da Israele. Giorgio Nigra www.ilprimatonazionale.it/primo-piano/e-morto-gunter-grass-ex-ss-premio-nobel-21177/

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO9 жыл бұрын

    SOVRANITA' - Per l'industria italiana, dall'euro in poi un inesorabile e rapido declino A chi con diverse ragioni argomenta che non è colpa dell'euro, rispondiamo che infatti non è solo colpa dell'euro, ma di una classe dirigente decadente, corrotta e impreparata, che avrebbe dovuto tutelare l'Italia dagli attacchi internazionali, e colpevolmente non lo ha fatto. e anzi ha creato un doloso vuoto di sovranità. La cosa incredibile, specie per un paese moderno, è che la stessa classe dirigente che ha provocato il grave declino italiano, governa in varie forme ancora. Non solo: i suoi vertici sono tra i candidati per la Presidenza della Repubblica. facebook.com/sovranita

  • @NEROITALICO

    @NEROITALICO

    9 жыл бұрын

    combattere ogni giorno della nostra vita per la nostra terra, per i futuro dei nostri figli, per la nostra cultura, la nostra storia, la nostra identità, il nostro sangue, è un dovere di tutti gli italiani onesti. La sinistre internazionalista insieme ai liberali servi dei capitalisti e della globalizzazione non devono avare vita facile finchè campiamo. Ricordiamoci dei nostri nonni, che per darci confini e identità a questa nazione sono morti combattendo sul Carso. Noi siamo disposti a morire per difendere la nostra Patria? Forza dunque!

  • @francescoantoniorusso373
    @francescoantoniorusso37310 жыл бұрын

    bellissima musica - sarà il mio inno - superbe le immagini!! la fede non muore mai

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO9 жыл бұрын

    le solite zecche nullafacenti che si organizzano per mettere in massa i pollicini versi ai video... Miseria umana. Se il video vi è piaciuto mettete "mi piace" e condividetelo sui social-network. Forza con gli Up!

  • @aldociurlanti597
    @aldociurlanti5978 жыл бұрын

    Mio padre è stata l'ultima bandiera bianca a Venezia e appartenuto alla Guardia Naziolale repubblicana

  • @ginevramorbidelli1112
    @ginevramorbidelli111210 жыл бұрын

    Bellissimo Video! Complimenti e Sempre Onore a loro!!!

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO9 жыл бұрын

    C'è una testimonianza di Ugo Tognazzi rilasciata alla tv anni 80: "io ero un ragazzo, camminavo per strada a Cremona, all'improvviso passa sfrecciando un automobile, che sfiorò un uomo vicino al bordo stradale. Di lato al conducente dell auto c'era Mussolini, il quale in dialetto romagnolo intimò all' autista di fermarsi....Mussolini scese dall'auto e andò vicino all'uomo per vedere come stava. Si preoccupò per la salute di quel cittadino. Mussolini non diede impressione di essere l'uomo crudele che gli antifascisti dicono di essere... A me impressionò l'umanità di quell'uomo che era il Duce d'Italia"

  • @NEROITALICO

    @NEROITALICO

    9 жыл бұрын

    in russia ci siamo andati perchè si doveva andare. Perchè ci andavano i nostri alleati. Perchè c'era una guerra mondiale scatenata dai governi comunisti e capitalisti (liberali) contro i governi fascisti che stavano instaurando un nuovo ordine in Europa. Perchè la russia era pronta ad invadere l'Europa iniziando dalla Polonia, per espandersi e per diffondere il comunismo. Perchè quelli erano gli eventi storici dell'epoca che vanno contestualizzati con i fatti e le contingenze che la maggior parte della gente ignora. Perchè queste domande stupide e retoriche hanno veramente rotto i coglioni.

  • @NEROITALICO

    @NEROITALICO

    9 жыл бұрын

    sei solo malato di stronzate, non ti preoccupare, presto morirai pazzo anche tu

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO11 жыл бұрын

    Bartali aderisce alla RSI nella GNR motociclisti. “Incontrai G.Bartali alla caserma di Via della Scala a Firenze verso i primi mesi del'44, era in divisa della GNR milizia della strada. Lo salutai cordialmente come campione del ciclismo, ma soprattutto come camerata che non aveva rinnegato“ Testimonianza in “il Merlo Giallo” e in “Centomila”,settimanale,del 4/10/49 che pubblica anche una lettera autografa di Bartali del 12/08/1943 che ringrazia il Gen. per il passaggio alla Milizia della Strada

  • @carloriccikan221oooo
    @carloriccikan221oooo9 жыл бұрын

    Vi siete dimenticati di gualtiero jacopetti, che per le sue idee non omologate pagò con l'emarginazione e l'ostracismo della"illuminata intellighenzia" della nostra democratica sinistra, dominante. La pace sia con voi. Carlo.

  • @sassaiola74

    @sassaiola74

    9 жыл бұрын

    Di quale emarginazione stai parlando ??? a me risulta che il suo sensazionalismo pseudo-documentaristico gli abbia procurato una considerevole fortuna commerciale...

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO9 жыл бұрын

    Guarda e diffondi i miei ultimi video sulla "resistenza e il 25 aprile": - LA FARSA DELLA RESISTENZA - I° parte kzread.info/dash/bejne/ZJ6AvLyoqKTIg9I.html - 1943-’45 LA GUERRA CIVILE ITALIANA - II° parte kzread.info/dash/bejne/dIubsryufJzTqc4.html - 25 aprile: MORTE DI UNA NAZIONE SOVRANA - III° parte kzread.info/dash/bejne/qWqss8GCerCfgNI.html

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO8 жыл бұрын

    il 25 febbraio del 1945 nei camerini del Teatro della Pergola venne aggredito Antonio De Curtis (in arte Totò), colpevole di calunnie e ironie sui partigiani ai quali durante il suo spettacolo, si era lasciato andare un "imputato alzatevi". (Enrico Nistri, La Firenze della ricostruzione 1944-57, Empoli 2008)

  • @Buba8773
    @Buba87738 жыл бұрын

    Grazie! Bellissimo e commovente.

  • @nicolaratti
    @nicolaratti10 жыл бұрын

    Mio nonno è stato nella RSI fino alla fine del conflitto... conservo ancora i tesserini !!!

  • @maxcaesar_
    @maxcaesar_8 жыл бұрын

    Ogni volta i brividi...

  • @christiangutierrez3512
    @christiangutierrez351210 жыл бұрын

    Onore e rispetto a questi grandi uomini!!!!!

  • @decimacris
    @decimacris8 жыл бұрын

    Oggi 8 Settembre 2015 ..... 8 Settembre 1943..... 72 anni fà cadde col tradimento ferita a morte l'Italia, perì definitivamente il 25 Aprile 1945 dopo lunga agonia. A tutti quegli uomini e donne che non tradirono ,consapevoli di morire, va il mio pensiero fisso fino alla fine dei miei tempi. Ringrazio tutti coloro che lavarono l'onore d'Italia sapendo di perdere e di non tradire. L'Italia è di fatto morta 72 anni fà.... il ridicolo circo di nazione attuale senza midollo spinale inglobata all'interno di una ancor più peggiore Europa fantoccio non la riconosco e riconoscerò mai.... un unico rimpianto .... di non essere nato prima .... Sia come eterno fiore sulle tombe di chi ha dato tutto per la patria,sia come eterno onore per chi ne porta il ricordo.

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO9 жыл бұрын

    Ecco perché il 25 aprile non è una festa di popolo (Il Primato Nazionale) Roma, 23 apr - Proviamo a fare un ragionamento sereno sul 25 aprile, vi va? Quando dico un “ragionamento sereno” intendo dire un discorso in cui il giudizio di valore sul fascismo, sull’antifascismo, sulla Seconda guerra mondiale, sulla Resistenza etc venga per un attimo messo in sospeso. Proviamoci, dunque. Cosa si festeggia il 25 aprile? La definizione ufficiale parla di “anniversario della Liberazione”. Sottinteso: dal fascismo. Già qui c’è il primo problema. Da un punto di vista fattuale, il fascismo cade in due fasi: la prima è costituita da un golpe militare, orchestrato dalla Corona, da frondisti interni e sotto la supervisione degli inglesi e avviene il 25 luglio del 1943. La seconda ha a che fare con la vittoria militare americana. Che ci sia stata una vasta ribellione popolare, una insurrezione di massa, un “popolo alla macchia” che ha abbattuto l’odiato tiranno è una favoletta oleografica a cui non crede più nessuno. Il contributo militare partigiano alla sconfitta del fascismo è stato del tutto trascurabile e comunque limitato alle fasi finali della guerra, quando le file della Resistenza si ingrossano di ex fascisti, opportunisti, delinquenti comuni, personaggi in cerca d’autore o di una pensione da ex combattente. Quindi, se anche di “liberazione” si potesse parlare, questa sarebbe stata compiuta dagli eserciti alleati, non certo dai partigiani. Il concetto di “liberazione”, in senso più ampio, implica inoltre una dimensione di ritrovata felicità, di pienezza di senso, di sovranità conclamata. Che gli italiani oggi non sperimentino tutto ciò da un bel pezzo è noto. E anche qui bisogna scegliere: o chi avrebbe “liberato” l’Italia si fa carico della nazione che ha edificato, come si suol dire, “sui valori della Resistenza” e ci spiega come siamo giunti fino a questo punto, oppure ci si aggrappa al mito della “Resistenza tradita”. È il caso dell’odierno antifascismo militante, che tuttavia dovrebbe smetterla di inneggiare alla Costituzione e limitarsi a mitizzare la guerriglia sui monti, con tutte le contraddizioni del caso. Le divisioni fra la celebrazione istituzionale del 25 aprile e quella militante, quest’anno particolarmente acute, rientrano in questa problematica. La gazzetta ufficiale del fighettismo, Internazionale, si è lamentata che nelle celebrazioni ufficiali del 70esimo anniversario della “liberazione” (cioè nella campagna #ilcoraggiodi, lanciata da Palazzo Chigi) sia stato rimosso l’antifascismo. Si parla di un generico “coraggio”, dei “patrioti” che hanno dato la vita “per la nostra libertà”, ma non apertamente dell’antifascismo. Leggiamo: “La liberazione è un regalo alle generazioni che verranno, un atto di fede più che di rottura, un imperativo morale più che storico. E, prima di ogni altra cosa: la liberazione è un racconto commovente. […]. La commozione mette d’accordo tutti, i belli con i brutti, è un potente veicolo retorico attraverso il quale si perdono le ragioni, in nome di qualcosa che però rimane indefinito, dai contorni incerti, in nome di qualcosa che non si sa cosa è. Chi libera cosa? Perché? Nella conferenza stampa che presenta le iniziative del settantennale si accenna en passant al fatto che la liberazione è dai nazifascisti, lo fa la ministra Giannini, dopo una decina di minuti dall’inizio della conferenza stampa. Ma non si parla mai di antifascismo. […] Della liberazione rimane, invece, l’aspetto del sogno, che diventa, sì, commovente quando, per esempio, viene affidato il discorso alla voce di Samantha Cristoforetti, che nel suo spot di #ilcoraggiodi dice: ‘Dal passato ho imparato a credere nel futuro’. Così Alex Zanardi, testimonial dell’altro video: ‘Dai nostri nonni abbiamo imparato a non arrenderci mai’. Cosa ci trasmettono il pilota e l’astronauta? Una dimensione salvifica e astorica, ma soprattutto profondamente individuale, singolare, della memoria, che si erge come pietra angolare su cui fondare un senso comune”. Quando deve spiegare perché avvenga questo, l’autrice dell’articolo invoca la rimozione della violenza che caratterizza la nostra epoca. L’antifascismo, in quanto violento, fa scandalo. Meglio affidarsi a un generico idealismo. Ma è vero solo in parte. L’odierno revisionismo - non privo di aspetti pop e superficiali, è vero, ma da che pulpito arriva la critica… - ha messo in luce le cosiddette “pagine nere della Resistenza”, in cui però quel che ripugna la coscienza comune non è la violenza in sé, quanto la violenza a guerra finita, la vendetta, la faida. Ma non è neanche questo il punto. Il punto è che l’antifascismo, in Italia, è stato un fenomeno d’élite. Già qualche tempo fa facevamo notare come suonassero stonate e in fondo incomprensibili per l’Italiano medio gli appelli alla sollevazione antifascista contro l’orda salviniana. Questa idea per cui “con i fascisti non si parla” o “uccidere un fascista non è un reato” e via delirando, molto semplicemente, è estranea alla coscienza comune degli italiani. Abbiamo anche già ricordato come per esempio un Aldo Cazzullo, cantore odierno di quella Resistenza genericamente “patriottica” e spoliticizzata, abbia ammesso di aver avuto difficoltà nel rintracciare italiani che gli raccontassero le eroiche gesta dei parenti partigiani, cosa che non era invece accaduta ai tempi delle sue ricerche sulla Grande Guerra. È la differenza fra un evento di popolo e un evento di élite. Ovviamente tutte le ideologie, al fondo, sono divisive. Lo fu certamente anche il fascismo. Ma esso seppe farsi forza non solo di massa, ma anche nazionale. Non parliamo solo dei numeri (e negli “anni del consenso” l’adesione all’avventura di Mussolini sfiorò davvero l’unanimità) ma anche di sostanza: istituendo un asse (a torto o a ragione, nella storia, non conta) fra Regime, Grande Guerra e Risorgimento, il fascismo si è inserito indelebilmente in una narrazione collettiva da cui l’antifascismo rimane carnalmente estraneo. Fascismo e Italia, per 20 anni, sono stati sinonimi. Anche fascismo e Stato sono stati a lungo sinonimi, con segni tangibili che restano anche nell’impalcatura statuale di oggi. Agli antifascisti fu riservata talora la galera e il confino, ma spesso anche uno stipendio o un ruolo nella stesura dell’Enciclopedia italiana. Che questo ecumenismo poi abbia più danneggiato che rafforzato il fascismo è un altro conto. Resta il fatto che il fascismo ha saputo essere narrazione nazionale. L’antifascismo no. Fu numericamente e qualitativamente un fenomeno di minoranza e tale resta tuttora, tant’è che per scaldare le masse nel 70esimo anniversario si è costretti a creare artificialmente il mito di una Resistenza idealistica, astorica, buonista, fatta di “brave persone”, che ci insegnano a “credere nel futuro” e a “non arrenderci mai”. Una Resistenza da Baci Perugina, da fiction Rai, da canzone di Ligabue. Una Resistenza che vuol dire tutto. E che quindi non vuol dire più niente. Adriano Scianca www.ilprimatonazionale.it/primo-piano/25-aprile-non-e-una-festa-di-popolo-21805/

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO9 жыл бұрын

    La Resistenza? Una roba “fra palco e realtà” (Il Primato Nazionale) Roma, 13 apr - Secondo Aldo Cazzullo, i giovani italiani di oggi “sono cresciuti in un clima in cui gli uomini e le donne della Resistenza - che è un fenomeno molto più vasto del partigianato - venivano presentati come carnefici sanguinari, e i ‘ragazzi di Salò’ come fragili vittime”. Ovviamente non è vero e se anche lo fosse i primi ad adombrarsene sarebbero i pochi reduci della Rsi ancora in vita: hanno detto loro di tutto, ma “fragili vittime” è di gran lunga l’accusa che più contraddice il loro spirito. Mentre Cazzullo revisiona il revisionismo, arriva però la notizia che nel nuovo album di Luciano Ligabue, ci sarà anche una canzone dedicata alla Resistenza. Si chiamerà “I campi di aprile”: “È una canzone - spiega il cantante - che ho scritto qualche tempo fa vedendo a Correggio una targa alla memoria di Luciano Tondelli, un ragazzo morto durante la Resistenza. Questo nome mi ha colpito, perché univa il mio nome al cognome di Pier Vittorio Tondelli, uno scrittore di Correggio che è stato molto importante per me. Poi ho guardato accanto le date di nascita e di morte ed ho visto che Luciano Tondelli è morto a meno di vent’anni, a dieci giorni dalla Liberazione, il 15 aprile 1945. Allora mi è venuto in mente di scrivere una canzone che provasse a raccontare il suo punto di vista. Il punto di vista di un ragazzo che fa una scelta chiara, quella di mettere tutto sé stesso, fino a perdere la vita, pur di difendere la libertà di cui godiamo oggi”. Ecco, se volessimo una descrizione di cosa è la memoria della Resistenza oggi, questo quadro sarebbe perfetto: una canzone di Ligabue, ovvero il re del qualunquismo esistenziale, il creatore di epiche prêt-à-porter per un popolo che condivide su facebook frasi sul valore di “essere se stessi” e contro le “persone false”. Una chiacchiera che gira a vuoto, tocca tutti e nessuno, che cerca le mezze stagioni e ritiene che più che il caldo occorra temere l’umidità. Caro Cazzullo, la Resistenza oggi è esattamente questo: una trombonata retorica buona per spezzare l’imbarazzo in ascensore, l’equivalente storico di “Il mio nome è mai più”. La riprova, del resto, l’ha avuta il giornalista stesso, che il 28 gennaio invitava i suoi contatti facebook a inviargli materiale familiare sulla Resistenza ma il 4 febbraio era costretto a ribadire: “Cari amici, torno a chiedervi aiuto per la ‪Resistenza‬. Mentre per la Grande Guerra ho avuto decine di risposte, stavolta vi siete fatti vivi solo in 5 o 6”. Che poi saranno i soliti, con le solite storie. Quelli tra palco e realtà. Adriano Scianca www.ilprimatonazionale.it/editoriale/canzone-luciano-ligabue-resistenza-21217/

  • @paolacaldarini8760
    @paolacaldarini87609 жыл бұрын

    Bartali? ma non era una specie di staffetta partigiana?

  • @NEROITALICO

    @NEROITALICO

    9 жыл бұрын

    secondo le mistificazioni della storiografia anfifascista, si. Secondo i fatti reali, NO. Bartali aderisce alla RSI nella GNR motociclisti. “Incontrai G.Bartali alla caserma di Via della Scala a Firenze verso i primi mesi del'44, era in divisa della GNR milizia della strada. Lo salutai cordialmente come campione del ciclismo, ma soprattutto come camerata che non aveva rinnegato“ Testimonianza in “il Merlo Giallo” e in “Centomila”,settimanale,del 4/10/49 che pubblica anche una lettera autografa di Bartali del 12/08/1943 che ringrazia il Gen. per il passaggio alla Milizia della Strada.

  • @NEROITALICO

    @NEROITALICO

    9 жыл бұрын

    Donald duck no ma che dici, salvò centinaia, anzi migliaia di ebrei... :D la vostra "cultura da fiction" non si può assolutamente confrontare con gli avvenimenti reali e le testimonianze documentate. Visto che amate apprenedere dai filmati piuttosto che dai libri, vi consiglio la visione dei miei tre video che trattano il rapporto Fascismo con gli ebrei. Scoprirete delle verità sconcertanti. Fu Mussolini in primis a salvare migliaia d'ebrei finchè stette al potere, dopo l'8 di settembre quando l'Italia subì la più ignobile delle vergogne, i fatti cambiarono... Guardati i video: IL FASCISMO E GLI EBREI. I°, II° e III° parte.

  • @thomasbassetti88
    @thomasbassetti888 жыл бұрын

    dovesse un di tremar la terra sotto il mio gagliardo passo da ardito, più forte più alto si alzerà il mio grido:NON HO TRADITO

  • @sebastianovenier5580
    @sebastianovenier55809 жыл бұрын

    70 anni son passati, l'ideale malgrado i vilipendi e gli sputi conserva tutti i suoi caratteri rivoluzionari sta a noi farlo rifiorire.

  • @Monselicense
    @Monselicense10 жыл бұрын

    stupendo....

  • @1berto74
    @1berto747 жыл бұрын

    a noi!!

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO9 жыл бұрын

    "La resa dell'Italia fu uno sporco affare. Tutte le nazioni elencano nella loro storia guerre vinte e guerre perse, ma l'Italia é la sola ad aver perduto questa guerra con disonore, salvato solo in parte dal sacrificio dei combattenti della RSI." Dwight D. Eisenhower

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO8 жыл бұрын

    "IL GENERALE DELLA ROVERE" Molti avranno visto, nei frequenti passaggi televisivi, il film di Rossellini “Il Generale Della Rovere”, con un magistrale Vittorio De Sica È’ la storia di un truffatore, Emanuele Bardone, specializzato nell’estorcere, con finte promesse, soldi ai familiari dei prigionieri dei tedeschi, che, scoperto e a sua volta incarcerato a San Vittore, accetta di collaborare con i carcerieri e fare da spia nell’ambiente dei detenuti politici Alla fine, però, si redime e affronta il plotone di esecuzione per non tradire chi ha avuto fiducia in lui Il soggetto è di Montanelli, il quale disse di aver conosciuto, durante la sua permanenza in carcere (sulla quale c’è qualche ombra, e ci tornerò) un personaggio simile, che lo aveva ispirato In effetti, ci fu un tale Giovanni Bertoni che, arrestato a Genova per truffe del tipo di quelle raccontate nel film, fu “infiltrato” dai Tedeschi nel carcere milanese, tra i detenuti politici, se ne guadagnò la fiducia e fece opera di delazione Però, non ci alcuna redenzione....Bertoni, infatti, fu denunciato a sua volta (da un noto doppiogiochista dell’epoca, Luca Osteria, a sua volta “infiltrato” negli organi investigativi fascisti e tedeschi, ma in contatto con la Resistenza) per alcune truffe commesse in un recente passato, venne arrestato e trasferito a Fossoli, dove fu fucilato nel corso di una rappresaglia Insomma, la “beatificazione” montanelliana fu un falso romanzesco. Con un risvolto inconsueto: negli anni sessanta, la vedova di Bertoni intentò una causa contro Montanelli, Rossellini e la Rizzoli film, denunciando la “diffamazione” del marito Perse la causa, perché il Tribunale individuò nel defunto: “un soggetto moralmente più abietto di quanto risultasse nel libro e nel film, avendo riportato ben 24 condanne penali per gravi reati” (in: Roberto Gremmo, I partigiani alleati dei nazisti, Biella 2015) Di fronte ad una così evidente falsificazione dei fatti, viene forte la tentazione di pensare che, in assenza di eroi “propri”, la mitologia resistenziale si sia costruita anche (e forse soprattutto) su personaggi di fantasia

  • @pantagum
    @pantagum11 жыл бұрын

    Onore e dignita'

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO9 жыл бұрын

    La strage di Porzûs 70 anni dopo: il vero volto dei partigiani. leggi su "Il Primato Nazionale" Roma, 7 feb - Prima che il prossimo 25 aprile si dia fiato alle fanfare e si aprano le danze per festeggiare il 70° anniversario della nostra sconfitta militare nella seconda guerra mondiale, c’è purtroppo un’altra ricorrenza che, c’è da scommetterci, passerà senz’altro sotto silenzio. Si tratta del cosiddetto “eccidio di Porzûs”. E si farà finta di non ricordarsene proprio perché questo fatto, pressoché misconosciuto al grande pubblico (nonostante l’omonimo film del 1997), rappresenta il volto oscuro o, molto più probabilmente, il “vero” volto della cosiddetta “liberazione” e della sedicente “resistenza”. Ma che cosa è successo di preciso nella piccola località friulana di Topli Uork, poi nota come Porzûs, tra il 7 e il 18 febbraio del 1945? Ebbene, un centinaio di partigiani gappisti (cioè comunisti) massacrarono 17 partigiani appartenenti alla brigata Osoppo, i cosiddetti “partigiani bianchi”. Al comando degli assassini si trovava Mario Toffanin detto “Giacca”, mentre a capo degli assassinati c’era “Bolla”, al secolo Francesco De Gregori, zio dell’omonimo e noto cantautore. Sempre tra gli osovani era presente, inoltre, Guido Pasolini, fratello del famoso regista Pier Paolo. Si trattò di un vero e proprio massacro, tanto efferato da non risparmiare neanche la donna del gruppo, Elda Turchetti. Questo è tutto quello che c’è di certo su quei terribili eventi, poiché il Pci e gli altri interessati tenteranno in tutti i modi di nascondere o distorcere a proprio vantaggio l’accaduto. In principio ad esempio - secondo consolidata prassi antifascista - si diede la colpa ai fascisti, proprio come si fece per l’assassinio del filosofo Giovanni Gentile. In un secondo momento, invece, Toffanin e sodali scrissero una relazione ufficiale in cui si giustificava la strage come atto di guerra voluto e ordinato dal Pci, in quanto - a loro dire - gli osovani sarebbero stati collaboratori dei tedeschi e dei fascisti. Senza contare il fatto che il Toffanin cambierà più volte versione, spesso in maniera radicale. E seguitò a cambiar versione anche dopo essere fuggito in Jugoslavia a causa della sopravvenuta condanna per “omicidio aggravato continuato e saccheggio”, pur continuando - ovviamente - a percepire lo stipendio elargito dallo Stato italiano che paradossalmente lo aveva condannato. Lapide in ricordo delle vittime della Brigata Osoppo Nel dopoguerra i giudici, infatti, per la strage di Porzûs condanneranno in sede processuale 41 imputati, comminando complessivamente tre ergastoli e circa 700 anni di reclusione. Ma tra latitanze, indulti, condoni e amnistie nessuno dei colpevoli fece un solo giorno di prigione. Si fece in tempo però, già nel 1945, a riconoscere al defunto De Gregori la medaglia d’oro al valor militare alla memoria con la seguente motivazione: “Cadeva vittima della tragica situazione creata dal fascismo ed alimentata dall’oppressore tedesco in quel martoriato lembo d’Italia dove il comune spirito patriottico non sempre riusciva a fondere in un sol blocco le forze della Resistenza”. È vero che quello era il periodo delle medaglie di latta e dei nastrini di cartone, di cui praticamente ogni scalcagnato poteva far sfoggio, tuttavia è interessante notare quella curiosa menzione del “comune spirito patriottico”. È interessante perché è opinione oggi prevalente tra gli storici che le brigate comuniste - le quali pretendevano di richiamarsi al patriota Giuseppe Garibaldi - abbiano ricevuto l’ordine di sterminare la brigata Osoppo direttamente dagli sloveni appartenenti al IX Corpo d’armata titino. Pare infatti che gli osovani avessero realmente avuto un abboccamento con esponenti della Decima Mas con lo scopo di organizzare una resistenza (una “resistenza” vera) alle mire espansionistiche del panslavismo titino. Si sarebbe trattato, cioè, di difendere l’italianità delle terre istriano-dalmate dalla pulizia etnica perpetrata dagli iugoslavi ai danni dei nostri connazionali, infoibati e poi costretti all’esodo. Mario Toffanin, detto “Giacca”. I partigiani comunisti pertanto, per ordine degli sloveni, avrebbero agito contro gli interessi nazionali. Tanto che l’accusa di alto tradimento, avanzata nel processo del 1954, venne accolta, in quanto “la strage […] fu un atto tendente a porre una parte del territorio italiano sotto la sovranità jugoslava”. Questo, evidentemente, era lo “spirito patriottico” che animava i gappisti. Benché sia stato appurato che la loro azione fosse “diretta al fine del tradimento”, gli imputati vennero tuttavia assolti dall’accusa di tradimento, poiché tale azione non avrebbe determinato “una situazione di pericolo per l’interesse dello Stato al mantenimento della sua integrità territoriale”. Che l’Istria e la Dalmazia fossero state occupate e ripulite etnicamente da Tito e dai suoi infoibatori, a quanto pare, deve essere sfuggito ai probi inquirenti. Questa, dunque, la cruda realtà, per troppo tempo velata dai toni insopportabilmente agiografici della cosiddetta “gloriosa epopea della Resistenza”, come l’ha definita nel 2012 il presidente della repubblica Giorgio Napolitano proprio in occasione di una storica commemorazione della strage. Del resto tutto ciò non stupisce, visto che si è chiamata “liberazione” un’occupazione militare (quella anglo-americana) e “resistenza” l’avanzata di soverchianti truppe nemiche (sempre anglo-americane), coadiuvata dagli atti terroristici di partigiani come Mario Toffanin. Proprio la figura di “Giacca” è emblematica: comandante di numerose “brigate” (e non quindi semplice gregario), oltre che per la strage di Porzûs fu accusato e condannato per “furto, rapine, estorsioni, omicidi, anche ai danni di una compagna di lotta”. Forse proprio Toffanin rappresenta lo specchio più fedele di un’epopea di cartone che, animata da un fervente “spirito patriottico”, finì col consegnare Roma a Roosevelt e Fiume a Tito. Con buona pace di Garibaldi, di 20 mila connazionali infoibati e di 350 mila istriano-dalmati condannati all’esilio e al pubblico ludibrio. Valerio Benedetti www.ilprimatonazionale.it/cultura/anniversario-strage-di-porzus-16326/

  • @matinese89
    @matinese899 жыл бұрын

    titolo della canzone?

  • @NEROITALICO

    @NEROITALICO

    9 жыл бұрын

    Giuseppe Fracasso guarda nella descrizione del video

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO8 жыл бұрын

    Roma, centri sociali assaltano banchetto di CasaPound: tre feriti, tra cui un disabile Roma, 14 mag - Grave episodio di violenza politica stamattina a Roma. Intorno alle 11.30 un banchetto elettorale di CasaPound situato in via Acqua bullicante, al Prenestino, è stato assaltato da 50 esponenti dei centri sociali armati di caschi e bastoni. I militanti di Cpi presenti erano in sei e hanno resistito all'aggressione, restando sul luogo del banchetto. Un candidato e un simpatizzante disabile, presenti al banchetto, sono stati portati via in ambulanza. Ferita anche una ragazza. Non si hanno ancora notizie circa le condizioni delle persone ricoverate. “Da giorni l'Anpi e il Pd - ha dichiarato Simone Di Stefano, candidato sindaco di CasaPound Italia - stanno creando un clima di tensione attorno al nostro corteo del 21 maggio, tentando di impedirlo in tutti i modi e sostenendo che la presenza di CasaPound a Roma, benché attestata da più di un decennio di radicamento politico e sociale, sia intollerabile. I mandanti politici di questo atto vile sono chiaramente loro. La nostra risposta a questo clima di intolleranza voluto dai soliti noti sarà una campagna elettorale ancora più capillare e decisa”. chi è cattivo e ha paura di chi è troppo forte e paura non ha! VIGLIACCHI! FIGLI E NIPOTI DI VIGLIACCHI, BANDITI E TERRORISTI! il video kzread.info/dash/bejne/dWyjkpuuncm8hNI.html

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO10 жыл бұрын

    Non sapevo che anche tuo nonno avesse avuto quegli onorevoli trascorsi. Grande attore italiano (e romano) del dopoguerra... Purtroppo non posso più inserirlo nel video per ovvie ragioni, posso solo inserire il suo nome nella lista della descrizione del video. Ti ringrazio per la segnalazione, molto gradita. Onore a Guglielmo Carotenuto.

  • @NicolaResonito
    @NicolaResonito8 жыл бұрын

    w gli operai italiani , forti , bravi e buoni responsabili , forza a l'italia

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO8 жыл бұрын

    Sapevi che il primo articolo della Costituzione fu scritto da un fascista? Roma, 20 mag - “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. Quante volte abbiamo letto questo frase, sferzati da qualche professoressa democratica intenta a farci scoprire le meraviglie della Costituzione “più bella del mondo”. Eppure la frase suona come già sentita. La Carta, come sappiamo, è del 1948. Ma appena cinque anni prima, in Italia, era apparso un altro documento fondativo, che al punto 9 recitava: “Base della Repubblica Sociale e suo oggetto primario è il lavoro manuale, tecnico, intellettuale in ogni sua manifestazione”. Era il Manifesto di Verona della Rsi. Certo: l’articolo 1 della Costituzione contiene quella parola, “democratica”. Ma non dimentichiamo che il punto 4 della Carta di Verona recitava: “La negativa esperienza elettorale già fatta dall’Italia e la esperienza parzialmente negativa di un metodo di nomina troppo rigidamente gerarchico contribuiscono entrambe a una soluzione che concili le opposte esigenze”. Insomma, un sistema semi-democratico. Questo significa che le due carte - l’una scritta nel pieno di un disperato quanto eroico esperimento rivoluzionario, l’altra scritta all’ombra dei carri armati nemici - siano moralmente equivalenti, ma indica che il preteso spartiacque etico che sarebbe sancito dalla Carta del ’48 fra la barbarie fascista e il radioso avvenire antifascista è una bella panzana. Anche perché quel primo articolo della Costituzione fu scritto da un personaggio che con il fascismo qualche rapporto lo ebbe. Parliamo di Amintore Fanfani. Di estrazione cattolica, il futuro padre costituente ottenne nel 1936 la cattedra di storia delle Dottrine Economiche e fu un entusiasta seguace del corporativismo. In seguito collaborò con la Scuola di mistica fascista, essendone professore e scrivendo articoli per la sua rivista Dottrina fascista, finendo perfino per firmare il Manifesto della razza. Nello scritto Il problema corporativo nella sua evoluzione storica (1942), Fanfani scriveva che “il corporativismo fascista è tornato all’idea di una costituzione organica della società; ha abbandonato i presupposti del movimento operaio precedente, relativi ad un fatale ed incontenibile cozzo degli interessi delle classi; ed ha sostenuto che per raggiungere mete di giustizia e di progresso sociale occorreva tener presente e difendere gl’interessi delle singole categorie, armonizzati tra loro […] Al di fuori ed al di sopra dell’ordinamento corporativo, ma disciplinatore e garante del suo funzionamento in armonia con i principi che lo fecero promuovere, deve ritenersi il Partito nazionale fascista, l’unico ammesso nel regime fondato da Benito Mussolini”. Un’adesione completa, quindi, alla visione gerarchica del corporativismo fascista. Va inoltre ricordato che Fanfani collaborò al progetto di una monumentale Storia del lavoro curata da Riccardo Del Giudice, importante sindacalista fascista. Non si trattava di un’analisi settoriale ma una vera e propria rilettura della storia della civiltà dal punto di vista del lavoro. Era una nuova interpretazione storica di ampio respiro, che emergeva. Ha scritto lo storico Giuseppe Parlato: “L’affermazione che il lavoro […] potesse esprimere nuovi valori e nuove gerarchie ebbe un’importanza determinante nel disegnare il ruolo preciso della nuova ‘ideologia’ fascista”. Il lavoro diventava centrale non solo nell’economia, ma nell’intera società, che doveva trasformarsi in quella “civiltà del lavoro” a cui era dedicato il “Colosseo quadrato” dell’Eur. “Colto in tale ottica, il concetto di lavoro, progressivamente, era destinato a perdere le connotazioni essenzialmente economiche che gli erano proprie, per acquisirne altre, più generali e più funzionali a una lettura e a un uso politici del concetto stesso: la storia del lavoro come momento unificante e interpretativo della storia della società”. Il progetto fu grandioso, ma interrotto dalla guerra. Ne uscirono solo due volumi, nel 1943, uno dei quali curato proprio da Fanfani. Il quale, attenzione, dopo la guerra fu tra i sostenitori di una ripresa del progetto, che fu continuato da ambienti cattolici come se niente fosse. Anche le idee sociali di Fanfani non erano cambiate granché. Lo si vide, appunto, al dibattito all’Assemblea costituente. A Togliatti, che per il primo articolo voleva la formula “Lo Stato italiano è una Repubblica di lavoratori”, e ai liberali, che preferivano una maggiore attenzione ai valori di libertà, l’esponente democristiano proponeva quella che sarebbe diventata la formulazione definitiva, spiegando: “In questa formulazione l’espressione democratica vuole indicare i caratteri tradizionali, i fondamenti di libertà e di eguaglianza, senza dei quali non v’è democrazia. Ma in questa stessa espressione la dizione ‘foondata sul lavoro’ vuol indicare il nuovo carattere che lo Stato italiano, quale noi lo abbiamo immaginato, dovrebbe assumere. Dicendo che la Repubblica è fondata sul lavoro, si esclude che essa possa fondarsi sul privilegio, sulla nobiltà ereditaria, sulla fatica altrui e si afferma invece che essa si fonda sul dovere, che è anche diritto ad un tempo per ogni uomo, di trovare nel suo sforzo libero la sua capacità di essere e di contribuire al bene della comunità nazionale. Quindi, niente pura esaltazione della fatica muscolare, come superficialmente si potrebbe immaginare, del puro sforzo fisico; ma affermazione del dovere d’ogni uomo di essere quello che ciascuno può, in proporzione dei talenti naturali, sicché la massima espansione di questa comunità popolare potrà essere raggiunta solo quando ogni uomo avrà realizzato, nella pienezza del suo essere, il massimo contributo alla prosperità comune”. L’idea del lavoro non solo come diritto, ma anche come dovere, peraltro, veniva dritto dritto dalla Carta del lavoro fascista. Con questo non si vuole ovviamente tessere l’elogio del “fanfascismo”, come lo chiamava Lotta continua nel ’71, o trasformare le partecipazioni statali della Prima Repubblica in un episodio della lotta del sangue contro l’oro. Andando in comodo esilio in Svizzera negli anni finali della guerra, Fanfani ha compiuto la sua scelta. E non basta certo un po’ di assistenzialismo per fare di uno Stato il nostro Stato. Ma la continuità di temi e uomini fra la riflessione fascista sul lavoro e quella presuntamente antifascista dovrebbe dare da riflettere a chi scambia l’attuale Carta costituzionale per un documento dei centri sociali. Adriano Scianca, Il Primato Nazionale www.ilprimatonazionale.it/approfondimenti/costituzione-fascista-45223/

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO9 жыл бұрын

    Guarda e diffondi il mio ultimo video: 1943-’45 LA GUERRA CIVILE ITALIANA - II° parte kzread.info/dash/bejne/dIubsryufJzTqc4.html

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO9 жыл бұрын

    Guarda e diffondi il mio ultimo video: LA FARSA DELLA RESISTENZA kzread.info/dash/bejne/ZJ6AvLyoqKTIg9I.html

  • @lucavarvaro9224
    @lucavarvaro92249 жыл бұрын

    Potrei sapere il titolo della canzone ? Grazie :)

  • @NEROITALICO

    @NEROITALICO

    9 жыл бұрын

    Luca Varvaro lo trovi scritto nella descrizione del video

  • @filippoconcari4699
    @filippoconcari46999 жыл бұрын

    Non sapevo che Dario Fo avesse militato nelle file della RSI :O

  • @lucaorsomontanari6845
    @lucaorsomontanari68459 жыл бұрын

    onore a loro nobis...

  • @Deathss81
    @Deathss818 жыл бұрын

    Sono di Cremona e quindi non posso che gridare Ave! ad un nome tra tutti: Ugo Tognazzi.

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO9 жыл бұрын

    Guarda e condividi il mio ultimo video "25 aprile: MORTE DI UNA NAZIONE SOVRANA - III° parte" kzread.info/dash/bejne/qWqss8GCerCfgNI.html

  • @savinonovelli9758
    @savinonovelli97589 жыл бұрын

    io non sapevo che walter chiari , che era di andria come me aderì alla rsi

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO8 жыл бұрын

    Albertazzi: il fascista anarchico che amava Pavolini e odiava la destra Roma, 29 mag - «Lei è un uomo di destra?». «Non lo sono stato a vent’anni, figuriamoci se posso esserlo oggi». Giorgio Albertazzi non era fatto per compiacere le menti asfittiche e i cuori di latta. E quando diceva di non essere di destra (al Fatto quotidiano, nello scambio di cui sopra) era solo per posizionarsi in un altrove alieno da tutti i conformismi. Nietzsche vagheggiava di un «Nuovo Partito della Vita». È l’unico a cui Albertazzi sia mai stato iscritto. Ma nei suoi vent’anni, gli stessi in cui, appunto, «non era di destra», aveva intravisto la vita indossare una divisa con gli emblemi della morte. Classe 1923, Albertazzi era cresciuto da fascista, come tutti quelli della sua generazione. Con il mito di Mussolini, ma anche con il culto estetico della Germania hitleriana: «La croce uncinata era bellissima, come bandiera, e anche certe divise nere dei nazi», scriverà nella sua autobiografia. Era impazzito per la guerra di Spagna, «una guerra stupenda per ardimento scontro ideologico eroismi: i rossi che stuprano i conventi, Barbadiferro che combatte con la sciabola, eccetera (mi rendo conto di scrivere alcune cose irresponsabili, ma assicuro che le penso tutte irresponsabilmente)». Poi venne il 25 luglio e l’8 settembre. In mezzo, uno zio ammazzato di botte dagli antifascisti e un voltafaccia senza onore e senza decoro («Mi ricordo la faccia da caratterista americano di secondo rango di Badoglio, figura ambigua e meschina: non mi piaceva»). L’arruolamento nella Repubblica sociale venne da sé. Cosa spinse il giovane Albertazzi a schierarsi per il fascismo repubblicano? «Era la paura (dignitosa) di mio padre, gli occhi ansiosi (lo sguardo!) di mia madre e il silenzio (vile) dei fascisti (degli ex). Tutto ciò mi spinse a scegliere i perdenti, in una specie di sonnambulismo. Scelsi non coloro che si erano già arresi, che disprezzavo, bensì la causa perduta (alla fine del ’43 gli alleati e l’Urss avevano già vinto), contro il conformismo piccolo borghese, che già si preparava ad acquattarsi nelle pieghe della Resistenza». Ma non c’era solo l’onore perduto da riscattare. In qualche modo baluginava anche il sogno di una rivoluzione sociale contro tutti i potentati conservatori: «Scelsi la Repubblica, che voleva dire, per me, un altro fascismo, non orpelloso, non coi fregi d’oro, non quello del maresciallo dell’Impero, non quello monarchico, non quello della Chiesa - lo scelsi nell’illusione, forse, che fosse ancora quello che nasce dalla costola del socialismo libertario di mio nonno Nando». Venne la guerra civile, quindi. Nei ricordi dell’attore, una figura emerge in modo particolarmente limpido: Alessandro Pavolini. Albertazzi fa giustizia sullo stereotipo che ne ha fatto un visionario, un esaltato, un pazzo. «Secondo me - racconta - Pavolini aveva perfettamente il senso della realtà: non si fa una guerra come quella, già perduta, se non per affermare proprio una realtà: essere disposti a morire per un’azione da compiere, un’estetica della morta». Sulla recente polemica a proposito dei partigiani “veri” o “falsi”, Albertazzi avrebbe potuto raccontare la sua esperienza: «Forse non dovrei dirlo - non sta bene! - ma io i partigiani li ho sempre visti scappare, le poche volte che li ho visti». Alla fine li avrebbe visti, intenti ad appendere Mussolini e gli altri gerarchi all’insegna di una pompa di benzina: «Piazzale Loreto fu solo macelleria messicana. Niente altro. Fu uno schifo, per chi l’ha voluto e chi l’ha portato a termine», disse senza mezzi termini, ancora al Fatto. Nel dopoguerra, la sua unica “militanza” sarà per il teatro, anche se nelle elezioni del 1975 si presentò con i Radicali: Pannella, disse, era «il solo capace di intuizioni non legate all’apparato», anche se la sua «voglia di far spettacolo è talmente visibile da appannare qualche volta la lucidità politica». Sempre altrove, Albertazzi. Sempre odiato dai custodi delle ortodossie. Di Repubblica, che lo detestava, diceva: «È un giornale molto snob: i giornalisti di Repubblica si vestono in un certo modo, portano certi capelli, ironizzano in un certo modo, scrivono in un certo modo, le donne di Repubblica le riconosci lontano un miglio (sono fascinose e di bella gamba, in genere). Sono tutti imbarcati su un’arca, l’arca dell’impegno vissuto con discreto cinismo». Quando CasaPound decise di ribattezzarsi per un giorno CasaBene, in omaggio a Carmelo Bene, nei 10 anni dalla morte del grande artista, qualcuno chiese ad Albertazzi cosa ne pensasse, nella speranza che si intruppasse nell’esercito degli indignati speciali. Il maestro si fece trovare ancora una volta altrove rispetto al benpensare: «Provo un po’ di amarezza perché sono vivo… Sarebbe stata una felicità che l’avessero intitolata a me». Non è mai troppo tardi. Adriano Scianca www.ilprimatonazionale.it/cultura/albertazzi-fascista-45660/#S7B7bQQ674wMpeCr.01

  • @danielevalle7544
    @danielevalle75448 жыл бұрын

    Valore Immenso Grazie RSI

  • @marcoloponte9557
    @marcoloponte955711 жыл бұрын

    Onore......

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO8 жыл бұрын

    Tutto quel che c'è di grande e bello in Italia, in pittura, scultura, architettura, musica, letteratura e in ogni altra arte è il prodotto di civiltà e governi fieramente antidemocratici. In democrazia solo squallore, bruttezza e orripilanza (a cominciare dall'antifascismo)... Lo sappia il ministro Dario Franceschini. E i musei, della democrazia, sono la cattiva coscienza. Quando dovete additare al mondo il bello è alla vostra radicale negazione che dovete guardare. Inoltre, per l'ultimo ventennio di civiltà, coda di una plurisecolare affermazione di italianità, dopo l'arte romana, l'arte medievale, rinascimentale e risorgimentale, si può, parlare di arte fascista... Per contro attendiamo di vedere di cosa sia fatta quella antifascista e cosa di questa offrite al mondo. E dunque "depotenziate" la fava che avete nel cervello, altro che l'arte italica. Dementi! Ci si dovrà recare davanti alla sede dell'ANPI a capo scoperto, inginocchiarsi e recitare l'abiura. La cosa che fa ridere di tutta questa frenesia antifascista è che stanno realizzando con precisione maniacale il fascismo che hanno in testa loro, fatto di proibizioni, punizioni, leggi speciali, storiografia psicopatica e quant'altro. Tutto quello che loro dicono essere fascismo lo stanno inverando. Avessero un minimo di spirito critico, comincerebbero a sputarsi in faccia la mattina appena alzati e smetterebbero la sera al momento di coricarsi. Patetici e ignobili.

  • @francopicerni5467

    @francopicerni5467

    8 жыл бұрын

    bravo.

  • @NEROITALICO

    @NEROITALICO

    8 жыл бұрын

    ***** ci penserò, grazie

  • @francopicerni5467

    @francopicerni5467

    8 жыл бұрын

    Hai ragione quando dici che loro adoperano la censura. La differenza con quanto avveniva nel nostro passato consiste che 80 anni fa era una prassi quasi universalmente praticata.E poi non ci si riempiva la bocca di paroloni tipo libertà di parola ecc...Ora la censura è subdola. Viene esercitata lasciando l'impressione di essere liberi.

  • @diovik

    @diovik

    7 жыл бұрын

    +ENZO MARINOSCI concordo pienamente con te!

  • @francopicerni5467

    @francopicerni5467

    7 жыл бұрын

    ***** concordo al 100 per 100

  • @federicotosi2214
    @federicotosi22148 жыл бұрын

    Mio nonno si arruolò nell'esercito tedesco regolare! Viva il sacro romano e germanico impero!

  • @giovannidellebandenere9751

    @giovannidellebandenere9751

    8 жыл бұрын

    +Federico AU “Federico88” Mio padre fu rinchiuso in un campo di concentramento guardato a vista dagli Inglesi, la sua soddisfazione? Aver spaccato i denti, con una vanga , ad un sergente. W LA DECIMA

  • @fabriziocastoldi6134
    @fabriziocastoldi613410 жыл бұрын

    Una semplice precisazione: mi risulta che Ugo Tognazzi facesse parte della Brigata Nera di Mantova e non di Cremona (la sua città).

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO11 жыл бұрын

    Margherita Hack astrofisica comunista ex RSI rinnegata 2: "Le dirò, in un certo senso il fascismo modernizzò il paese. Nei confronti del nazismo fu dittatura all’acqua di rose: se Mussolini non avesse firmato le infamanti leggi razziali, sarebbe morto di morte naturale come Franco. Resta una dittatura, ma anche espressione d’italianità. Bisognerebbe fare un’analisi meno ideologica su questo”.

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO9 жыл бұрын

    Il declino italiano? Tutto è cominciato negli anni ’90 (Il Primato Nazionale) La crisi economica italiana nasce con i governi tecnici dei primi anni ’90 subito dopo Tangentopoli per proseguire con i governi di sinistra guidati da Prodi e D’Alema. Da allora nulla sarà più come prima e il lento declino continua ad accompagnarci ancora oggi. Roma, 18 mar - E’ opinione diffusa tra gli accoliti della sinistra italiana che i mali economici del Belpaese siano stati in larga misura acuiti e creati dai governi presieduti da Silvio Berlusconi. Mentre un’altra grossa fetta della popolazione è convinta che si debba viceversa far risalire le cause del declino alla pazza spesa pubblica della stagione dei governi del Pentapartito, quindi grosso modo in quel periodo storico che va dal 1980 alla nascita della cosiddetta e fantomatica Seconda Repubblica (1993). Quest’ultima tesi è quella che va per la maggiore negli ambienti dei liberali moderati che indistintamente possono essere collocati all’interno del centro-destra o del centro-sinistra. In questa piccola analisi ci occuperemo invece di quel periodo che va dalla fine degli anni ’80 fino alla fine dei ’90. Scopriremo come e perché le cause di tutti i nostri mali economici siano da attribuire alle politiche intraprese durante quegli anni. Anni che hanno visto il crollo del nostro Pil e del valore della lira contro il marco tedesco e dollaro Usa e il drammatico avvento delle privatizzazioni. L’Italia perderà terreno nei confronti della Francia (-21%), della Germania (-29,3%), della Gran Bretagna (-11,1%), del Giappone (-27,7%) e degli Stati Uniti (-25,8%). Per ricchezza prodotta il nostro paese raggiungerà il suo punto più elevato nel 1986 entrando a pieno titolo al quinto posto delle nazioni del G6 e scavalcando anche la Gran Bretagna per 47 miliardi delle vecchie Lire. L’Italia raggiunse un altro storico traguardo nel 1991 allorquando in piena Tangentopoli divenne la quinta potenza industriale del pianeta e sfiorando il quarto posto nella classifica delle nazioni più ricche. Fu l’ultimo capitolo di una stagione che vedeva la politica ancora con le redini per poter intervenire nei processi economici del paese. L’epitaffio più prestigioso prima che il pool di Mani Pulite facesse piazza pulita della classe dirigente e imprenditoriale con il chiaro intento di aprire la strada a potentati economici e finanziari di marca anglo sassone. Si chiudeva la stagione dell’intervento pubblico e di tutti quei meccanismi partecipativi che permisero alla nostra economia di vivere i fasti del boom economico degli anni ’70 e del consolidamento degli ’80. Gran merito di questo successo va attribuito alle strutture, alle leggi e a quegli istituti (Iri su tutti) creati durante il fascismo che in un modo e nell’altro sopravvissero ancora nei decenni successivi al Ventennio. Nel 1987 l’Italia entra nello Sme (Sistema monetario europeo) e il Pil passa dai 617 miliardi di dollari dell’anno precedente ai 1201 miliardi del 1991 (+94,6% contro il 64% della Francia, il 78,6% della Germania, l’87% della Gran Bretagna e il 34,5% degli Usa). Il saldo della bilancia commerciale è in attivo di 7 miliardi mentre la lira si rivaluta del +15,2% contro il dollaro e si svaluta del -8,6% contro il marco tedesco. Tutto questo, come detto, ha un suo apice e un suo termine coincidente con la nascita della Seconda Repubblica. La fredda legge dei numeri ci dice difatti che dal 31 dicembre del 1991 al 31 dicembre del 1995, solo quattro anni, la lira si svaluterà del -29,8% contro il marco tedesco e del -32,2% contro il dollaro Usa. La difesa ad oltranza e insostenibile del cambio con la moneta teutonica e l’attacco finanziario speculativo condotto da George Soros costarono all’Italia la folle cifra di 91.000 miliardi di lire. In questi quattro anni il Pil crescerà soltanto del 5,4% e sarà il fanalino di coda della crescita all’interno del G6. In questi anni di governi tecnici la crescita italiana perderà terreno nei confronti della Francia (-21%,), della Germania (-29,3%), della Gran Bretagna (-11,1%), del Giappone (-27,7%) e degli Usa (-25,8%). Sono questi gli anni più tragici per l’economia italiana. Da allora la crescita, quando c’è stata, si è contabilizzata sulla base di cifre percentuali da prefisso telefonico. L’Italia perse in pochi mesi la classe politica del trentennio precedente che venne rimpiazzata nei posti strategici soprattutto da gente proveniente da noti istituzioni bancarie che seguirono - facendo addirittura meglio - alla lettera l’esempio thatcheriano. Non è un caso che proprio la Gran Bretagna della Lady di ferro perse nel periodo che va dal 1981 al 1986 il 29% di crescita nei confronti dell’Italia, il 4.9% nei confronti della Francia e il 5% nei confronti della Germania. La fredda legge dei numeri che una volta per tutte smentisce chi ancora oggi glorifica la svolta liberista intrapresa dalla Thatcher. Svolta liberista che a partire dai governi tecnici e di sinistra colpì pesantemente l’Italia. Tutte le riforme strutturali avviate in quegli anni portarono il nostro paese a perdere posizioni che mai più avrebbe riguadagnato. A seguire tutte le privatizzazioni con relativo valore al momento della cessione in miliardi di lire dell’epoca: 1993 Italgel, Cirio-Bertolli-De Rica, Siv 2.753 1994 Comit, Imi, Ina, Sme, Nuovo Pignone, Acciai Speciali Terni 12.704 1995 Eni, Italtel, Ilva Laminati piani, Enichem, Augusta 13.462 1996 Dalmine Italimpianti, Nuova Tirrenia, Mac, Monte Fibre 18.000 1997 Telecom Italia, Banca di Roma, Seat, Aeroporti di Roma 40.000 1998 Bnl + altre tranche 25.000 1999 Enel, Autostrade, Medio Credito Centrale 47.100 2000 Dismissione Iri 19.000 Con la scusa di reperire capitali in vista della futura introduzione della moneta unica il governo presieduto da Romano Prodi (17 maggio 1996 - 20 ottobre 1998) iniziò a spingere sull’acceleratore delle privatizzazioni e sulle cartolarizzazioni, ovvero la sistematica svendita del patrimonio di tutti gli italiani. Il governo Prodi non riuscì a completare la sua missione perchè ad ottobre del 1998 cadde, ma con una mossa a sorpresa, evitando di fatto il ricorso alle urne, si diede l’incarico di creare una nuova maggioranza all’ex comunista Massimo D’Alema, che che proseguì la barbarie fin quando gli fu permesso (aprile del 2000) e conseguentemente proseguito dal governo “tecnico” Amato, quest’ultimo finito con la chiamata alle urne nel maggio del 2001. Questa fu la stagione legata alla più colossale svendita del patrimonio pubblico italiano. Furono incassati 178.019 miliardi di lire pari a 91 miliardi di euro. “Meglio” della liberale Inghilterra della Thatcher. Milioni di posti di lavoro cancellati negli anni a venire che fecero perdere quella crescita che viceversa aveva contraddistinto i decenni precedenti. Le privatizzazioni non sono mai cessate. Dopo il 2000 proseguirono e continuano ancor oggi a piè sospinto. Cambia solo la ragione per la quale i governi ci dicono che dobbiamo procedere obbligatoriamente per questa strada: l’abbattimento del debito pubblico. Vale a dire come far passare il fatidico cammello attraverso la cruna dell’ago. Ma le privatizzazioni non solo non sono servite a nessuna delle cause fin qui addotte, ma come detto prima, cancellano posti di lavoro abbassando l’occupazione reale nell’arco di qualche anno. Nessuna delle ex aziende pubbliche ristrutturate dai privati ha difatti provveduto ad assumere più dipendenti della vecchia gestione. Centinaia di migliaia di posti di lavoro persi in favore del precariato e di tutti quei contratti a termine che hanno tolto certezze e diritti. Un altro elemento che oggi favorisce questa continua barbarie ai danni del lavoro ci è data dall’immigrazione favorita e voluta dalla Ue, accompagnata dal solito finto e perfido buonismo, che ha la funzione di servire sempre alla stessa finalità: alzare la disoccupazione marginale per far accettare ai lavoratori salari e diritti calanti. L’Italia ha avuto nel suo passato degli ottimi spunti che ci hanno posto ai vertici delle nazioni più competitive e questo malgrado le cassandre che enfatizzavano gli aspetti legati all’elevata corruzione, alla criminalità organizzata e all’ignavia tipica dei mediterranei. Un paese che era vivo e presente, con il giusto slancio per affrontare qualsiasi sfida posta a livello internazionale. E questo era stato ampiamente compreso dai nostri diretti competitor, Germania, Gran Bretagna e Francia in testa che hanno fatto di tutto per smantellarci pezzo dopo pezzo. Nel 1997 il Pil italiano ha ancora una brutta caduta e passa dai 1266 miliardi dell’anno precedente ai 1199 miliardi. Recupera qualcosa nel ’98 (1225 miliardi) per poi scendere ancora a 1208 miliardi di dollari nel 1999. L’intero periodo segna una decrescita complessiva del -4,6%. L’11 dicembre del 2001 dopo 15 anni di negoziati, la Cina entrava a far parte del Wto (World Trade Organization), l’organizzazione mondiale del commercio. Da allora tutto è cambiato. Le economie anglosassoni, grazie alla deregolamentazione dei mercati voluta da Bill Clinton e Tony Blair, si sono votate esclusivamente sul finanziario. Si è creata di fatto una asimmetria tra rendita finanziaria e profitto capitalistico che ha favorito la Cina che con i presupposti della concorrenza sleale ha sparigliato tutti soprattutto nel campo manifatturiero, da sempre fiore all’occhiello dell’Italia. Chi non ha retto questi primi tragici anni del terzo millennio o ha chiuso i battenti o ha delocalizzato la produzione proprio nel paese del Dragone. Dal 2001 in poi i protagonisti dell’economia mondiale saranno altri. L’Italia esce mestamente dal G6 accompagnata verso un ruolo di marginalità politico-economica sempre maggiore. Giuseppe Maneggio www.ilprimatonazionale.it/economia/il-declino-italiano-tutto-e-cominciato-negli-anni-90-19171/

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO9 жыл бұрын

    Cianciate tanto di libertà di pensiero e di parola e di quanto queste fossero "limitate" durante il Fascismo, senza vedere cos'è la propaganda democratica che dal 1946 ci tripropone tutti i santi giorni documenti e documentari storici sul Fascismo: falsati, artefatti, mistificati... Un esempio recentissimo riguarda la propaganda pro-sistema UE che è stata fatta proprio in questi giorni da tv e giornali, a proposito di Grecia e il referendum NO UE... I giornalisti che ci raccontavano di una società greca convintamente schierata per il SI, con tanto di soliti sondaggi farlocchi e di servizi che avrebbero fatto vergognare la tv di Ceausescu, in cui le oceaniche manifestazioni per il no venivano fatte passare per eventi a sostegno del SI. La democrazia è il migliore involucro della dittatura del capitale, diceva qualcuno...

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO9 жыл бұрын

    Guarda e condividi il mio ultimo video "SOVRANITA’: come salvare l’italia dal baratro" kzread.info/dash/bejne/iaZm08tqqt3AgLw.html

  • @maNU-of5gs
    @maNU-of5gs9 жыл бұрын

    Onore.

  • @decimacris7616
    @decimacris761610 жыл бұрын

    onore all'ultima vera Italia .... w la RSI

  • @Roby77Ca
    @Roby77Ca8 жыл бұрын

    NOBIS A TUTTI LORO

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO8 жыл бұрын

    La sinistra italiana: una lunga storia di odio per la nazione (Il Primato Nazionale) Roma, 4 mar 2016 - Difficilmente nella storia dei partiti e degli ambienti politici internazionali si può trovare tanto livore antipatriottico come nella cosiddetta sinistra italiana. Sin dalle loro origini, movimenti e partiti di sinistra hanno cavalcato la polemica contro il popolo italiano e i suoi vizi atavici, in nome di «ideali universali» d’importazione, con risultati che ancora scontiamo sulla nostra pelle. Uno dei casi più clamorosi risale alla Prima guerra mondiale, quando il Partito Socialista Italiano si schiera contro l’intervento del nostro Paese nel conflitto: molti di loro dicono «non aderire, non sabotare» alimentando al contempo il sogno, al motto «proletari di tutti il mondo unitevi», dell’unione internazionale di classe contro i nazionalismi. Peccato che nessun partito socialista europeo seguì l’esempio, fattore che contribuì a mettere in ridicolo la propaganda anti-patriottica di uomini del PSI come Matteotti, mentre migliaia di soldati combattevano per difendere i confini della nazione.Come se non bastasse, al termine del conflitto i socialisti si distinsero per le offese ai reduci e una serie interminabile di agitazioni, occupazioni e violenze. Quel periodo sanguinoso, noto come «biennio rosso», originava dal tentativo di fare una rivoluzione sull’esempio della Russia del 1917. La fascinazione verso Mosca portò alla nascita del Partito Comunista d’Italia nel 1921, con il preciso scopo di aderire ai 21 punti dell’Internazionale comunista promossi da Lenin. A spazzare via i sogni rivoluzionari ci pensò il giovane movimento fascista, che in pochi anni distrusse gli avversari sia sul piano “fisico” che ideologico. Successivamente si aprì un raro periodo in cui nel nostro paese la tematica nazionale andò di pari passo con quella sociale: reduci e uomini d’ordine convivevano con sindacalisti rivoluzionari e intellettuali come Giuseppe Bottai, in nome di una terza via puramente italiana, connotata da corporativismo e socializzazione. Con il ritorno dei comunisti e la fine del conflitto si rifece vivo l’antico odio per la nazione. La furia ideologica si manifestò nella guerra civile e nella «strategia della tensione» messa in atto con gli attentati partigiani, mentre chi parlava di concordia nazionale come Giovanni Gentile venne brutalmente assassinato. In nome dell’ideale comunista le stragi colpirono anche i “moderati” antifascisti, come a Porzus. Nel dopoguerra, oltre alle rappresaglie partigiane, arrivò un convinto appoggio a Tito, testimoniato dalle incredibili parole di Togliatti: «È assurdo pensare che il nostro partito accetti di impegnarsi in una lotta contro le forze antifasciste e democratiche di Tito. In questo senso del resto la nostra organizzazione di Trieste ha avuto da me personalmente istruzioni precise: la sola direttiva da darsi è che le nostre unità di partigiani e italiani di Trieste e della Venezia Giulia collaborino in modo più stretto con le unità di Tito». Questo atteggiamento contribuì a stendere un velo sul dramma delle foibe e sul successivo esodo italiano dalla Venezia Giulia. Non solo, gli esuli vennero spesso accolti con sputi e insulti dai comunisti, che li bollavano perlopiù come fascisti in fuga dal «paradiso comunista». Solo dopo più di 50 anni e con la caduta del Muro di Berlino si è riuscito a parlare di questa profonda ferita nazionale, occultata in nome della solidarietà internazionale del PCI con la Jugoslavia e il comunismo internazionale (e ancora oggi minimizzata da circoli fuori dalla storia come l’ANPI). Alla luce di questa vicenda, è facile capire come i comunisti italiani di Togliatti, ospite in Russia per lungo tempo negli anni del fascismo, seguissero pedissequamente ogni indicazione ideologica proveniente da Mosca, che ricopriva inoltre di rubli il partito. Sono gli anni in cui esporre un tricolore veniva considerato quasi un reato e un’apologia di fascismo. Ben inseriti nei gangli della cultura, dell’accademia e della magistratura, i militanti comunisti contribuirono a far lievitare l’autorazzismo antinazionale, in nome della lotta di classe e della rivoluzione comunista. Nelle manifestazioni giovanili, anche Mao poteva diventare un simbolo, invece che Mazzini, Oriani, Garibaldi. Le prime crepe all’ortodossia ideologica del PCI, da parte soprattutto della corrente “migliorista”, non arrivarono nel segno di un sano orgoglio nazionale, ma strizzando l’occhio all’altra superpotenza: gli Stati Uniti d’America. Negli infuocati anni ‘70 cominciò la lenta strategia d’avvicinamento di alcuni esponenti comunisti verso i liberal americani e uomini d’alto livello della politica a stelle e strisce. Giovanni Amendola si incontrò più volte con Brzezinski, stratega del Pentagono, studioso dell’URSS e in quel periodo presidente della Commissione Trilaterale. Sergio Segre ebbe rapporti con ambienti americani attivi a Roma (come il diplomatico Robert Boies) così come il suo successore agli affari esteri del PCI Giorgio Napolitano. Il suo viaggio in USA ai tempi del sequestro Moro fu clamoroso, tanto come le sue parole distensive verso la NATO e la sua visita al CFR. Duane Clarridge, all’epoca “capostazione” CIA a Roma, ha parlato addirittura di un’infiltrazione organica dei servizi americani all’interno del partito comunista, in cui diversi esponenti «sbavavano per entrare al governo». L’occasione arrivò dopo gli intensi anni ’80, segnati da un leader sovranista come Craxi, alfiere di uno dei pochi «socialismi tricolori» secondo Giano Accame e non a caso odiato dai comunisti. Siamo nei primi anni ’90, in prima fila nel PCI ci sono Occhetto e Napolitano, il «comunista preferito di Kissinger», che hanno compiuto un viaggio negli States nel 1989 incontrando il gotha politico e economico americano. Lo scompaginamento della prima Repubblica dettato dagli scandali di Tangentopoli è la ghiotta occasione per il più grande partito della sinistra italiana, che viene risparmiato dalle inchieste. Il protagonista giudiziario Di Pietro, che ha contatti con il “falco” USA Michal Ledeen, una volta lasciata la toga verrà eletto in parlamento con l’appoggio della sinistra. Dopo la parentesi Berlusconi, finalmente l’ex PCI arriva al potere. Ma quello di cui parliamo non è più una forza sociale, ma un partito mutato geneticamente, sempre più plasmato sul modello dei democratici americani. L’unica continuità è nell’impostazione antinazionale: i cavalli di battaglia sono i diritti umani, l’europeismo “senza se e senza ma” e le liberalizzazioni che demoliscono il patrimonio industriale italiano. Prodi, uno dei presenti al celebre incontro sul panfilo «Britannia», svende letteralmente l’IRI, con le banche americane che incassano laute consulenze. Una continua politica suicida che perdura fino ai giorni nostri: politiche di genere e diritti civili sono le pallide battaglie ideologiche per nascondere il totale abbandono a cui sono lasciati i lavoratori italiani e l’interesse nazionale. Una nutrita critica proveniente dalla stessa sinistra (Bagnai e Gallino tra gli altri) ha da tempo messo in luce le ipocrisie di una classe dirigente totalmente svenduta al livellamento della globalizzazione e allo straniero, sia esso a Washington o a Bruxelles. Napolitano è rimasto protagonista, prima avallando la guerra in Libia, clamorosamente lesiva dei nostri stessi interessi, poi orchestrando un “colpo di Stato dolce” (per dirla alla Tremonti) per scalzare Silvio Berlusconi. Il tutto a favore del “tecnico” Monti ma soprattutto dell’ormai abituale alleato: la democrazia USA, ancora meglio se con il primo presidente nero (cioè “buono” secondo il PD-pensiero) Obama. Guerre “umanitarie”, investitori esteri, modello sociale anglosassone, complessi d’inferiorità verso lo straniero, diktat europei, immigrazione selvaggia: tutto, purché non questa «rozza» e «razzista» Italia. Francesco Carlesi www.ilprimatonazionale.it/cultura/sinistra-odio-nazione-41155/

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO10 жыл бұрын

    probabilmente hai ragione tu. Di queste storie FALSE e piagnucolose ne è abbiamo sentite veramente tante.

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO9 жыл бұрын

    STORIA DELLO STUPRO ANTIFASCISTA (Il Primato Nazionale) Roma, 19 mar - Ha fatto molto discutere (non moltissimo, in verità, se ne è parlato più che altro con cronache asettiche come per gli incidenti del sabato sera in autostrada) il caso di presunto stupro di gruppo avvenuto nella sede della Rete antifascista di Parma (peraltro una struttura pubblica concessa dal comune). Ora arriva la notizia che il tribunale del Riesame di Bologna ha disposto che tre dei cinque giovani accusati vengano posti agli arresti domiciliari. Determinante per la decisione dei giudici è stato un video, registrato con il cellulare da uno dei partecipanti alla violenza e ora acquisito agli atti d’indagine. Nel filmato, scrivono i giudici del Riesame, si vede chiaramente che la vittima era inerme e che il suo “corpo veniva usato come un oggetto inanimato”. La giovane sarebbe stata violentata a turno mentre si trovava in condizioni di incoscienza. Fa riflettere, tuttavia, come gli stessi giudici sottolineino che lo stupro, anche se consumato in un luogo molto connotato politicamente, sarebbe privo di colorazione ideologica. Una precauzione questa dei giudici, che è in linea con l’estremo, quasi sospetto garantismo con cui magistrati e media stanno affrontando una questione che con altri protagonisti avrebbe sicuramente causato un clamore ben maggiore. Derubricare il fatto come un mero episodio di cronaca senza connotati politici, tuttavia, sembra un esercizio ermeneutico davvero sbrigativo. Davvero le modalità in cui è avvenuta la violenza non hanno a che fare con una specifica cultura politica? La ragazza, appena maggiorenne, era in stato di incoscienza, ubriaca o forse drogata. Davvero si ritiene che questo fatto non abbia relazione con un certo modo di concepire lo spazio politico “autogestito” non come avanguardia sociale o culturale ma come riserva dello sbraco, luogo in cui c’è la tana libera tutti, in cui cessa di esistere non solo la legge dello “Stato borghese” ma ogni norma, comprese quelle più elementari che ciascuno dà a se stessi? Ma si potrebbe anche andare più a fondo con l’approfondimento ideologico. Se la pubblicistica sul “fallocentrismo fascista” è copiosa, lo studio dei complessi rapporti con l’universo femminile da parte della sinistra antifascista resta un grande rimosso. Eppure ci sarebbe di materiale da registrare. Prendiamo i riferimenti storici: la “Rete antifascista” si rifà esplicitamente all’esperienza partigiana. Ora, se lo stupro dei vinti fa purtroppo parte degli “effetti collaterali” di ogni guerra, con casi registrati in ogni esercito, va detto che nella Seconda guerra mondiale le statistiche sono assolutamente sbilanciate. I casi di ausiliarie della Rsi violentate dalle brigate antifasciste sono decine, mentre la pubblica umiliazione della loro femminilità (capelli rasati, gogna etc) costituì prassi ufficiale e quasi “necessaria” della “Liberazione”. Fra quei partigiani, in pochi lo hanno sottolineato, si trovava anche un certo Pietro Pacciani, anni dopo assurto agli onori della cronaca per il caso del “Mostro di Firenze” e altri crimini a sfondo sessuale. Il fatto che l’uomo abbia militato in gioventù in formazioni in cui lo stupro era tutto sommato ritenuto un’arma di guerra legittima non sembra aver solleticato la fantasia degli inquirenti. Per gran parte dei partigiani di ieri e dei loro emuli di oggi, del resto, un vero e proprio mito era quell’Armata rossa che durante l’invasione della Germania violentò un numero di donne tedesche che va dalle decine di migliaia fino ai due milioni (solo recentemente si è cominciato a parlare anche degli stupri commessi dagli americani). Almeno 100 000 donne si pensa siano state stuprate solo a Berlino. Le morti di donne in relazione con gli stupri in Germania sono stimati a circa 240.000. Le violenze erano peraltro programmate a tavolino come scientifica prassi di profanazione dell’orgoglio razziale tedesco (un altro filone che meriterebbe di essere approfondito: fin dove si può spingere l’odio cosmopolita per i popoli che desiderano restare se stessi, tutt’oggi ampiamente propagandato negli stessi centri sociali?). Ora quanto c’è di tutto questo nelle gesta di Luca Bianchini, l’ex coordinatore di un circolo romano del Pd condannato a 14 anni e sei mesi per aver violentato tre donne nel 2009, appostandosi nei garage condominiali così da sorprendere e sopraffare le sue vittime? E quanto conta l’ideologia nel caso delle tre donne tenute in stato di schiavitù per 30 anni in una casa di Londra da una setta maoista? La superiorità morale mostrata da Bertrand Cantat nelle sue campagne antifasciste ha qualcosa a che fare con la stessa superiorità maschile insegnata a suon di botte dal cantante dei Noir Désir alla sua compagna Marie Trintignan nella notte tra il 26 e 27 luglio 2003, quando la donna fu uccisa con 19 pugni al volto dall’uomo? Perché dei casi analoghi, a “destra”, fanno sociologia, diventano episodi particolari di una tendenza generale, mentre a sinistra si può sequestrare, violentare, umiliare, picchiare, uccidere senza che la cosa esca mai dall’ambito della mera cronaca, senza che nessuno deicda di unire i pezzi del puzzle? È un’ottima pista per un’indagine che probabilmente nessuno farà mai. Giorgio Nigra www.ilprimatonazionale.it/editoriale/da-pacciani-a-parma-storia-dello-stupro-antifascista-19356/

  • @michelevalente7418
    @michelevalente74188 жыл бұрын

    sono un repubblichino reclamo quello che mi appartiene La Repubblica Soc. Italiana.

  • @TheCrom85
    @TheCrom8510 жыл бұрын

    Bellissimo video.. DUX NOBIS...!!!!!!

  • @langelodidio-goaldo1105
    @langelodidio-goaldo11057 жыл бұрын

    Non avrei mai pensato che queste persone aderirono alla R.S.I,bel video.

  • @ribelleuropeo
    @ribelleuropeo11 жыл бұрын

    scusate, ma perchè la scritta in rosso? faccio fatica a leggere

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO9 жыл бұрын

    Guarda e condividi il mio ultimo video "IL FASCISMO E' PER SEMPRE" kzread.info/dash/bejne/rGxnsJKGYtKenso.html

  • @Visentin1970

    @Visentin1970

    8 жыл бұрын

    +NERO ITALICO Grazie per la segnalazione di questo video e per le tue nozioni storiche; a mio modesto parere, la tanto decantata "bella ciao" divide molto più che non la parola "secessionista". Ha rotto gli zebedei. (passami il termine....)

  • @hurricane7297
    @hurricane729710 жыл бұрын

    Un'altra " ventata di VENTENNIO " sarebbe la soluzione ai mali che l'Italia sta attraversando in questi ultimi tempi. Quando dico "ventennio ", mi riferisco a quelli anteguerra. Grazie dei documenti...

  • @gianfredo1953
    @gianfredo195310 жыл бұрын

    La storia la scrivono i vincitori? Se i vinti stanno zitti ...e noi non abbiamo nessuna intenzione di tacere.

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO8 жыл бұрын

    Guarda e condividi il mio ultimo video Verità: “La Grande Invasione - IL PIANO BOLDRINI” kzread.info/dash/bejne/a2SNo7h8lMeyn9I.html

  • @actarus3034
    @actarus303410 жыл бұрын

    Ottimo video e musica. Mi chiedo il perché di tanti artisti.

  • @luigisilvestri197
    @luigisilvestri1979 жыл бұрын

    Grande Italia

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO9 жыл бұрын

    GUARDA E DIFFONDI TUTTI I VIDEO VERITA’ DI NEROITALICO. VISITA IL SUO CANALE kzread.info/dron/Akxqy4Nx5wvtSdxNvLOtPA.html

  • @immobilia2000
    @immobilia20008 жыл бұрын

    Grazie di cuore per il "sapere" che diffondi........ da decenni ci hanno impasticcato di buonismo/affarismo....ma non sanno che il buonismo/affarismo ammazza piu' delle pallottole.Ancora un grazie.

  • @NEROITALICO
    @NEROITALICO11 жыл бұрын

    Aderirono alla Repubblica Sociale Italiana di Mussolini